“Il gabbiano” di Anton Čechov andrà in scena al teatro Mercadante da stasera fino al 27 gennaio. La regia dello spettacolo, prodotto dal Teatro nazionale di Genova, è di Marco Sciaccaluga, e vedrà tra i protagonisti Roberto Alinghieri, Alice Arcuri, Elsa Bossi, Eva Cambiale, Andrea Nicolini, Elisabetta Pozzi, Stefano Santospago, Roberto Serpi, Francesco Sferrazza Papa, Kabir Tavani, Federico Vanni.
La regia dell’opera di Anton Čechov è di Marco Sciaccaluga, repliche fino al 27 gennaio
Per la prima volta in Italia, “Il gabbiano” verrà rappresentato nella versione del 1895, ovvero quella precedente alla censura zarista, qui nella traduzione curata da Danilo Macrì. La scena e i costumi sono di Catherine Rankl, le luci di Marco D’Andrea, le musiche di Andrea Nicolini. Il gabbiano di Cechov è uno dei testi teatrali più noti di sempre; i personaggi della giovane Nina, del tormentato Konstantin, di sua madre Irina Arkadina, celebre attrice, e del suo amante, lo scrittore Trigorin, sono stati portati sui palcoscenici di tutto il mondo dai maggiori attori di teatro e messi in scena dai più celebri registi. Il titolo dell’opera viene da un accostamento simbolico: come l’ignara felicità di un gabbiano, in volo sulle acque di un lago, viene stroncata dall’oziosa indifferenza di un cacciatore, così accade alla sorte di Nina. La ragazza sulle rive del medesimo lago, s’innamora di Trigorin, il quale, senza alcuna malvagità, approfitta della sua femminile smania di aprire le ali, la porta via con sé a fare l’attrice, la rende madre di un bimbo che però muore e infine, la lascia tornare a casa annientata. Ad attenderla c’è il giovane Konstantin, anch’egli scrittore in cerca di gloria, che la ama da molto tempo.
La madre di lui però, Arkadina, disprezza l’inconsistenza delle sue liriche fantasie mentre l’amata Nina non vuol saperne di lui. Primo dei quattro capolavori teatrali di Čechov Il gabbiano è un dramma delle illusioni perdute: nelle angosce, nei turbamenti, nelle sconfitte dei suoi protagonisti, c’è tutta la complessità dell’uomo moderno. “Con folgorante sintesi – ha annotato il regista – così scriveva Maksim Gorkij a Cechov, dopo aver assistito ad una rappresentazione di Zio Vanja. A me pare che stia proprio li’ l’essenza del genio di Cechov: la feroce denuncia del nostro nulla, coniugata in una continua altalena di ridicolo e patetico, diventa uno stringente invito a compatire, ad amare questi esseri inutili che siamo”. “Il palcoscenico di Cechov è la forma più gentile, condivisa, ironica di spietatezza. Il suo “Teatro della Crudelta” – ha concluso Sciaccaluga – è il più “umano” che io conosca”.