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ANTIBIOTICO-RESISTENZA, IN ITALIA 11MILA MORTI ALL’ANNO

Otto batteri antibiotico-resistenti più “forti” dei 450 prodotti in commercio

Quasi 11mila persone muoiono ogni anno in Italia a causa di un’infezione causata ad uno degli otto batteri antibiotico-resistenti. Numero che assegna al nostro Paese la maglia nera in Europa avanti alla Grecia e al Portogallo con un costo stimato di 13 miliardi da qui al 2050. Si tratta di una vera e propria emergenza quella legata alla trasformazione di batteri che non rispondono più alle più comuni e diffuse terapie antibiotiche, i cosiddetti superbugs, perché evoluti e più duri da combattere. Secondo il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, che ha chiamato a Roma l’esperto dell’Organizzazione mondiale della Sanità, Ranieri Guerra, per lanciare un piano anti-crisi, entro il 2050 ci saranno 2,4 milioni di morti per la resistenza agli antibiotici con ripercussioni economiche più pesanti di quelle legate alla crisi finanziaria del 2008-2009. Tradotto in cifre, si stimano costi annui aggiuntivi di 3,5 miliardi legati alle sole complicanze a fronte di 4,8 mld che si potrebbero risparmiare con investimenti mirati.

Oggi in tutto il mondo esistono oltre 700 farmaci antimicrobici, di cui più di 450 antibiotici. «E molto spesso – sottolinea Scaccabarozzi – vengono usati male o a sproposito. Nel corso degli anni anche alcuni scienziati si sono a spinti a consigliare l’industria del farmaco ad investire in altri settori. E ora ci troviamo in questa situazione allarmante». Ora, però, si tenta di recuperare il tempo perduto: al momento vi sono 59 nuovi antibiotici in sperimentazione, di cui 17 per le infezioni più pericolose. Ma insieme all’attività in laboratorio, ricorda Scaccabarozzi, «oltre 85 aziende farmaceutiche, diagnostiche e biotecnologiche, hanno firmato insieme a 9 associazioni industriali una dichiarazione in cui si impegnano a sollecitare i governi e il mondo imprenditoriale a intraprendere un’azione globale di lotta alla resistenza antimicrobica». E a supporto di questa dichiarazione, firmata a Davos nel 2016 «altre 13 aziende farmaceutiche hanno rafforzato l’impegno delineando nell’ambito di un’assemblea Onu una roadmap fino al 2020». Le responsabilità degli allevamenti zootecnici.

Anche l’uso degli antibiotici in veterinaria, negli allevamenti e in agricoltura ha significativamente contribuito al fenomeno dell’antibiotico-resistenza, e pone domande anche in relazione al contesto più ampio della protezione del sistema alimentare. Secondo Guerra, infatti, il 75% degli antibiotici usati in mare, per allevare gamberetti per esempio, si disperde nell’ambiente circostante senza contare che il 70% degli antibiotici è usato negli allevamenti zootecnici. Così, mentre gli Stati Uniti promuovono “l’autodisciplina negli allevamenti”, l’Europa chiude le frontiere ai prodotti trattati con antibiotici mentre i blasonati allevamenti argentini sembra che importino 100mila tonnellate di antibiotici. I dati ufficiali, però, scarseggiano e i superbags si diffondono come un incendio. «Eppure proprio in Italia – continua Guerra – le competenze in materie sanitaria e veterinaria sono riunite sotto un unico ombrello, quello del ministero Salute. Per contrastare il fenomeno dell’abuso di antibiotici ed elevare gli standard servirebbe un serio piano di controlli». La prevenzione e il ruolo dei vaccini per combattere i batteri.

In Francia l’uso del vaccino anti-pneumococcico ha contribuito a ridurre l’utilizzo di antibiotici dal 49,7% al 27%. Un dato incoraggiante, secondo Massimo Visentin presidente del Gruppo di prevenzione di Farmindustria, secondo cui i vaccini hanno una funzione preventiva: la persona vaccinata non contrarrà la malattia e quindi non userà l’antibiotico. «Alcune infezioni virali come influenza e varicella – aggiunge – possono avere infezioni batteriche secondarie. Riducendo quindi quelle virali diminuiscono anche quelle batteriche associate senza considerare poi che la vaccinazione riduce la possibilità che la malattia si trasmetta nella popolazione non vaccinata.

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