L’Aifa: “Nessuna sperimentazione in corso, l’Avigan non è reperibile sul mercato, ritirato anche in Cina”. Il giapponese Hasegawa (Fujifilm): “Un possibile utilizzo ci preoccupa molto”
Sparano il bazooka “Avigan” contro sé stessi i leghisti del Nord mentre il luminare beneventano Paolo Ascierto annuncia: “Il tocilizumab oggi viene utilizzato in 221 ospedali italiani e la ricerca si è allargata ad oltre 400 pazienti”. Ascierto ribattezza il farmaco chiamandolo “Taci”. Che è tutto dire. Lui, Paolo Antonio Ascierto, oltre a essere un oncologo di fama internazionale, è pure un fine comunicatore. “Taci”, ha detto alla Berlinguer, così facciamo prima, il nome intero è più difficile da pronunciare”. Niente paura, quando noi di quaggiù sentiamo dire il “Taci” da un meridionale dobbiamo mantenere la calma. Ascierto non si sta polentizzando. Ma il Presidente Fontana, preso dal delirio post Covid 19, ha annunciato ieri sera a “Carta Bianca”, programma della “rossa-dentro” Bianca Berlinguer, la somministrazione dell’Avigan che, di fatto, non è ancora stata autorizzata dall’Aifa.
Usiamo, suvvia, una considerazione “compassionevole” nei confronti del varesino e provatissimo Attilio, che mangia a dismisura formaggina doc, dopo che pure il salva–anime Bertolaso, il Guido romano, ha dato forfait causa “positività al Covid”, lasciando la mega struttura ospedaliera di Milano fiera ancora vuota però! Ma ricostruiamo punto per punto quello che è accaduto nella tarda serata di ieri. Parte l’armata brancaleone. Sono da poco passate le 19 quando Fontana parla alle agenzie di stampa e dichiara testualmente: “Oggi ho avuto un incontro per aggiornare i sindaci della situazione. Ho spiegato loro dell‘Avigan, la cui sperimentazione è iniziata”. Iniziata dove, come, quando e perché? Ma è “roba da mat, vacca boia”. Poi, il presidente di Regione Lombardia prosegue: “Ho anche dato loro i numeri e ho parlato del discorso legato alle mascherine, ai tamponi e si sono fatti spiegare il perché di queste strane polemiche che nascono”.
A metterci una toppa arriva, a stretto giro, una comunicazione ufficiale dall’Aifa. A parlare è il direttore generale Nicola Magrini: “Per quanto riguarda l’Avigan, il farmaco anti-influenza giapponese, uno studio è in corso di valutazione soprattutto dal punto di vista della reperibilità del farmaco. Non è stato ancora autorizzato in maniera definitiva lo studio sul farmaco giapponese (favipiravir), innanzitutto perché sono in corso in queste ore alcune importanti valutazioni, fra le quali quella non poco rilevante su come reperire il medicinale per i pazienti italiani. Il farmaco non è infatti reperibile né in Europa né negli Stati Uniti. D’altro canto, ieri in serata (lunedì ndr), la Commissione tecnico scientifica dell’Agenzia, aveva pubblicato una nota in cui si evidenziava il lavoro in corso per “la valutazione di un programma di sperimentazione clinica per studiare efficacia e sicurezza di questo trattamento”. Non un ‘via libera’ al trial, dunque, ma un’indagine sulla sua fattibilità”.
Sarà chiaro adesso a lombardo-veneti-emiliani e a tutto lo Stivale? Ma l’aspetto ancor più preoccupante arriva direttamente dalle dichiarazioni di Mister Chiaki Hasegawa (Ha sega wa), a capo delle pubbliche relazioni del colosso farmaceutico giapponese: “Siamo molto sorpresi della possibilità che il nostro farmaco possa essere testato in Italia nella attuale pandemia da coronavirus, il fatto che strutture italiane possano considerare di avviare sperimentazioni estese o un possibile utilizzo ci preoccupa molto”. Poi Hasegawa aggiunge: “Molto preoccupato anche perché i test di cui si parla riguardano “la versione cinese di questo farmaco” e “non ci sono ancora sufficienti sperimentazioni su pazienti non giapponesi. La Fujifilm è responsabile del farmaco ed è vincolata a vendere il farmaco solamente al ministero della Salute giapponese, che ne ha acquistato uno stock per due milioni di persone negli anni passati come riserva per casi di forti epidemie influenzali, nel caso ipotetico che altri influenzali in commercio si fossero dimostrati inefficaci”. Ai posteri l’ardua sentenza.