Così la sorella di David Solazzo, Alessandra, parla con l’AGI del dolore che accompagna il silenzio attorno alla scomparsa del cooperante fiorentino di 31 anni, avvenuta il primo maggio dell’anno scorso a Capo Verde. Il giovane esperto di Africa, era partito con la onlus Cospe nell’ambito di un progetto per lo sviluppo del turismo nell’Isola di Fogo, una di quelle che compongono l’arcipelago di fronte alle coste del Senegal. Nella notte del primo maggio, però, è stato trovato riverso in una pozza di sangue, nell’appartamento dove viveva in affitto durante la missione. Le indagini svolte dalla procura di Sao Felipe, cittadina principale dell’isola, condotte da un magistrato locale, hanno però fin da subito bollato la morte come un “tragico incidente domestico”. Di “morte accidentale” parlano anche l’esame autoptico svolto sulla scena del delitto e la successiva autopsia. In base ai documenti che l’AGI ha potuto visionare, i medici legali capoverdiani hanno imputato alla recisione di tre vasi sanguigni sul braccio destro la morte per dissanguamento. “Una versione che non ci convince”, segnala però la sorella Alessandra: “Mio fratello era mancino. Non avesse voluto entrare nell’appartamento rompendo il vetro, come sostengono gli investigatori locali, non avrebbe usato il braccio destro, ma il sinistro. Inoltre aveva con se’ le chiavi”.
Il grande cruccio della famiglia, composta anche dal padre Vincenzo, dalla madre Daniela Dreoni e dalla compagna di David, Marija Tosic, è la “superficialità con cui gli inquirenti si sono mossi sul momento: non è stata incaricata la polizia giudiziaria e scientifica di fare i rilievi, sul posto sono arrivati soltanto agenti di polizia locale inesperti. Inoltre lo stabile è stato dissequestrato dopo appena 48 ore”. “Se la dinamica della morte fosse stata così chiara, come mai a distanza di quindici mesi le indagini non sono ancora state chiuse?”, si rammarica la sorella. Un rallentamento “che impedisce anche all’avvocato del posto che abbiamo incaricato, di chiedere un supplemento di indagine. Che blocca il nostro diritto ad avere giustizia e che ci costringe a spese ingenti, visto che continuiamo a pagare l’affitto dell’appartamento nella speranza che la scena non venga alterata, e che un giorno possa effettuare i rilievi una squadra di polizia giudiziaria”.
L’appello ora è alle istituzioni nei loro ranghi più alti, affinché con metodi politici e diplomatici solleciti le autorità di Capo Verde a collaborare con la giustizia italiana. In occasione dell’anniversario della morte di David, il primo maggio di quest’anno, la famiglia ha scritto anche una lettera al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. di cui l’AGI ha potuto leggere il testo: “La versione delle fonti locali non trova fondamento. Non si pensi che il silenzio delle istituzioni capoverdiane possa sopire il nostro dolore e arrestare la nostra ricerca di verità. Dover lottare per pretendere verità e giustizia rappresenta un ulteriore dolore che si aggiunge quotidianamente a quello del lutto, ma non ci arrenderemo finché non sapremo ciò che realmente è accaduto a David. Lo dobbiamo a noi, ma lo dobbiamo soprattutto a David e a tutti quei giovani che lavorano con dedizione e serietà nell’ambito dello sviluppo sostenibile, ovunque questo li porti ad applicare le loro conoscenze e i loro studi”, conclude la missiva. Al Capo dello Stato la famiglia chiede: “Non ci lasci soli nella ricerca della verità”.