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Coronavirus: Generale Camporini, “serve un Consiglio Nazionale di Sicurezza”

“Negli altri Paesi esistono degli organismi che in genere si chiamano Consiglio nazionale di Difesa o Consiglio nazionale di sicurezza. Ci sono negli Stati Uniti, in Francia, in Gran Bretagna (il gabinetto ristretto). Quindi si sa a priori quando c’è un problema chi bisogna chiamare e chi deve prendere le decisioni che, una volta prese, vengono applicate. Da noi questo non c’è, ognuno fa quel che gli pare. Ci si riunisce, si dicono certe cose, dopodiché si va in televisione e si dice il contrario. Non è così che si gestiscono le crisi. Ripeto, servirebbe un Consiglio nazionale di sicurezza come hanno gli altri”.

Lo afferma, in un’intervista a ‘il Giornale‘, il generale Vincenzo Camporini, ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica e della Difesa ed esperto di politica internazionale. “Nel campo della Difesa noi abbiamo il Consiglio supremo di Difesa, organo di rilevanza costituzionale che, però, funziona in base alla legge istitutiva che lo configura come organismo di altissima consulenza del Presidente della Repubblica – continua – Io partecipavo alle riunioni dove si dicevano tante belle cose, alla fine ci si alzava e il ministro faceva quello che gli pareva. Quindi, da questo punto di vista, è indispensabile che si istituzionalizzi un organo decisionale collettivo dove chi ha competenze e responsabilità possa eventualmente ascoltare anche gli esperti, prendere delle decisioni e attuarle in modo coordinato”.

Sull’ipotesi, per le Forze Armate, di richiamare i riservisti, Camporini osserva: “Un conto è la riserva selezionata, fatta da professionisti in numero limitato che hanno certe competenze e quindi possono essere utili, ma certamente non risolutivi. Coloro che hanno fatto la leva potrebbero essere giuridicamente richiamati. Si tratta di uomini che hanno fatto il servizio militare negli anni Novanta. Non vedo con quali compiti e a quale scopo perché dovrebbero essere riaddestrati visto che l’addestramento non si è fatto più. Questa è un’ipotesi che lascia il tempo che trova”. 

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