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Covid: lockdown a Napoli, nuova crisi pesa in Rione Sanità

Tra aprile e luglio sono riusciti anche a raddoppiare la dotazione di risorse e assistere, grazie alla generosità dei napoletani circa 400 famiglie con 200.000 euro. Il secondo lockdown non gli coglie impreparati perche’ e’ costante il monitoraggio. Anticipare i tempi è la capacità di don Antonio Loffredo e della sua Fondazione di comunità San Gennaro, da sempre alle prese con un territorio “bello ma fragile”, il rione Sanità di Napoli.

 

“Abbiamo anche integrato il numero di nuclei familiari ma anche persone singole che seguivamo attraverso la rete delle allargata delle parrocchie, ben 10 oltre quelle del rione”, racconta Pasquale Calemme, presidente della Fondazione. Adesso, dopo “una rifioritura estiva, un primo ritorno alla normalità”, quando “alcuni disagi sembravano essersi attenuati”, “siamo di fronte ad una nuova crisi”. Tutto quel tessuto produttivo sommerso e semi sommerso, oppure fatto di piccolo artigianato o servizi legati al turismo viene spazzato via dal ritorno in zona rossa e messo a rischio usura e infiltrazione dei clan di nuovo. E questa crisi, a suo giudizio, “pesa di più, perché è connotata di maggiore incertezza”.

 

“Questa zona rossa dovrebbe durare per 15 giorni – esplicita Calemme- ma non è detto che sia così. Anche noi dovremmo capire il nuovo volume di richieste, se sarà sufficiente assistere quegli stessi nuclei che abbiamo assistito da marzo a metà estate o se ci sono nuovi bisogni. E dovremmo anche capire se c’è una simile generosità di donatori, dato che c’è un dato generale italiano di calo dello slancio solidale”. Nel frattempo si è cominciato anche a lavorare sul “disagio sanitario forte. Con il tampone sospeso, un modo banale per definire quella iniziativa con la III municipalità e una farmacia del territorio che dà una opportunità di salute a tutti, scavalcando i tempi lunghi delle Asl, con un test a 20 euro rispetto il costo medio di 60/80 per tampone”. Vanno avanti anche le attività delle cooperative socio-educative. Oltre al sostegno di doposcuola gratuito hanno messo a disposizione i propri spazi per chi deve affrontare la Dad in abitazioni che non misurano più di 18/25 metri quadrati per 6/7 persone: “Proviamo a seguire 100 bambini in una sorta di coworking under-18, aiutandoli a poter affrontare la didattica a distanza in un ambiente dedicato. In questo modo lottiamo contro quella che definirei una disposizione scolastica secondaria cioé non riuscire a connettersi o non riuscire a concentrarsi sulla lezione digitale”.

 

Partirà ancora una nuova forma di sostegno materiale alle famiglie in difficoltà con la spesa quotidiana, sempre facendo rete con le parrocchie e con i commercianti, anche se lo strumento potrebbe non essere la card, “che qualcuno si vergogna ad usare”, dice, ma piuttosto con una sorta di corto aperto negli esercizi commerciali convenzionati con la Fondazione e un codice singolo assegnato ad ogni assistito. “Dobbiamo gestire anche la parte psicologica di questi bisogni – sottolinea il presidente della Fondazione – c’é infatti una quota di persone che vivono costantemente una situazione di disagio e che è abituata ad avere una mano tesa dall’esterno, ma c’è anche chi ha sempre goduto di un certo benessere, pur avendo lavori irregolari o sommersi, e che ora si trova di fronte alla povertà” .

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