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DEPRESSIONE, TRA 5 ANNI BASTERÀ UN PRELIEVO.

Con un prelievo del sangue sarà possibile diagnosticare la depressione e curarsi con farmaci personalizzati.

Depressione, i numeri sono impressionanti: nel mondo ne soffrono 322 milioni di persone, quasi 5 persone ogni 100 (4,4%). La Società Italiana di Psichiatria stima che la depressione sarà per il 2030 “la prima malattia più invalidante al mondo con altissimi costi sociali e forte impatto economico”. Una buona notizia arriva da Dallas. Tra 5 anni il disturbo clinico potrebbe essere diagnosticato in modo preciso con un esame del sangue: ad un test ad hoc grazie gli specialisti saranno in grado di “personalizzare” la diagnosi e quindi i trattamenti, nonché a svelare chi è più a rischio di manifestare la malattia. Lo sostengono Dario Aspesi e Graziano Pinna della University of Illinois at Chicago, in un lavoro pubblicato su EXPERT REVIEWS OF PROTEOMICS. Pinna lo ha appena presentato a Dallas in occasione della XIII conferenza dei ricercatori italiani nel mondo: “Il test che valuterà la presenza o assenza di marcatori legati alla malattia, potrebbe entrare nella pratica clinica nel giro di 5 anni”. Secondo il ricercatore italiano “si tratta ad esempio di misurare i livelli ematici di molecole come i neurosteroidi che vengono prodotti nel nostro cervello ma sono anche presenti nel sangue e alterati dallo stress.

Possono indicare in modo oggettivo in un individuo turbe dell’umore e quindi malattie psichiatriche come la depressione e il disordine da stress post-traumatico (Ptsd)”.  Pinna sostiene che “la sia equipe sta mettendo a punto nel nostro laboratorio un test del sangue che va alla ricerca di diverse molecole, almeno 20, la cui concentrazione è determinante per capire chi soffre di depressione o chi è incline al disturbo da stress post traumatico. Il test dirà pure chi tra i depressi può giovare di certi farmaci piuttosto che di altri, aiutando a personalizzare le terapie”. I metodi diagnostici attuali per individuare e classificare i disturbi psichoatrici si basano sul colloquio clinico e sulla somministrazione di questionari al paziente e sulla base dei sintomi; disporre di un test basato su molteplici marcatori che tracci la “biofirma” di ciascun paziente sarebbe rivoluzionario sia in ambito diagnostico, sia terapeutico. Pinna conclude: “Il test potrebbe anche aiutare a individuare sottopopolazioni diverse di pazienti, organizzare trial clinici più mirati e sviluppare farmaci di precisione.

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