“Sono stufo! Se la Lega vuole la crisi di Governo lo dica apertamente. E si assuma la responsabilità delle conseguenze”. Un uppercut in piena regola, un cazzottone in diretta Fb da tramortire l’ammansito Socio di Governo. Luigi Di Maio, capo politico del M5s nonché Vicepremier e Ministro del Lavoro e dello Sviluppo, non usa mezzi termini. E alza il tono dello scontro. Lo fa con una provocazione che mette spalle al muro Matteo Salvini, il Capo del Carroccio sempre più vulnerabile in seguito ai paventati nuovi sviluppi del Russiagate.
E sono proprio i tenuti sviluppi dell’Affaire “Rubli-Gasolio-Nuovi equilibri geopolitici” a indurre il Capo del Viminale a rifiutare il confronto sul tema nelle Aule Parlamentari. Salvini non vuol parlare perché teme che l’emergere di nuovi particolari potrebbe farlo alla fine apparire bugiardo. E sarebbe gravissimo, non potrebbe più esservi scampo per il Ministro nonché Leader politico. Carriera chiusa con disonore e con un requiem accompagnato da immancabile Amen. E sull’orlo del precipizio politico, Salvini. E le sue provocazioni potrebbero accelerarne la fine. Di Maio lo ha capito e non risparmia colpi al Socio ormai avversario.
Intanto i continui spifferi sugli eventuali scenari futuri propongono le immagini del M5s e del Pd come certi potenziali amanti sul punto di essere rapiti da reciproca attrazione fatale.
Dall’una e dall’altra parte si nega la tentazione. Ma i ruffiani da tempo sono al lavoro…
Cinquestelle e Dem negano la spinta seduttiva alternando il ridicolo e il patetico accompagnati da inconfessabili istinti di sopravvivenza. E le smentite in merito del Segretario Dem Nicola Zingaretti appartengono al classico copione solitamente usato nei momenti in cui soffiano forti i venti di crisi politiche.
È una antica finzione.
I Cinquestelle – alla luce dei recenti sondaggi – sanno del resto benissimo che in caso di crisi di Governo un mancato accordo col Pd costerebbe il ritorno a casa della maggior parte dell’attuale rappresentanza parlamentare. E ciò al di là del dramma dei Parlamentari-yogurt in scadenza per il doppio mandato; i Renziani – che costituiscono larga parte della rappresentanza parlamentare del Pd – dal canto loro, non potendo più godere della benevolenza del Demiurgo di turno addetto alla formazione delle Liste, sanno altrettanto benissimo che per gran parte della truppa si aprirebbe la strada del ritorno a casa.
Visti i chiari di luna – insomma – un matrimonio di interesse sarebbe quanto mai opportuno e potrebbe salvare poltrone e pagnotte.
Si spiega così perché il Capo del Carroccio non cerchi la crisi di Governo. Non la vuole – la crisi – perché teme imboscate. Il Vicepremier Ministro dell’Interno sa infatti benissimo che una eventuale crisi dell’Esecutivo non comporterebbe necessariamente il ricorso anticipato alle urne. E ciò a prescindere dalla prossima chiusura (20 luglio) della finestra elettorale che consentirebbe il voto in autunno.
Un timore esplicitato nei giorni scorsi: “Se apro la crisi il M5s ci mette 2 minuti a fare un Governo col Pd”.
E pur di non finire fuori gioco il Capo del Carroccio è disponibile ad accettare di tutto dai Soci di Governo. Da martello è diventato incudine…
Ps. Nota per gli Ortodossi della Lingua Italiana. Nella stagione in cui si tende ad inibire e a limitare l’uso delle Maiuscole, vado controcorrente. E chiarisco: le Maiuscole presenti nel testo non contemplate dal corrente galateo linguistico sono volute, esse rappresentano una licenza grafica dell’Autore e intendono conferire la giusta importanza al ruolo della parola attenzionata dalla maiuscola.