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DISTURBI MENTALI, È ALLARME: PER IL WCE COSTERANNO 16MILA MILIARDI

A lanciare l’allarme è World Economic Forum, in 300 milioni soffrono di depressione

I disordini mentali sono tra le principali cause di mortalità al mondo e potrebbero costare 16.000 miliardi di dollari all’economia globale entro il 2030: a lanciare l’allarme è il World Economic Forum, che nel rapporto ‘Empowering 8 billion Minds: Enabling Better Mental Health for All via the Ethical Adoption of Technologies’ sottolinea le opportunità di intervento fornite dalle nuove tecnologie, utilizzandole però sempre in modo etico. Al mondo ci sono oggi circa 300 milioni di persone che soffrono di depressione e i suicidi sono la seconda causa di morte tra i giovani. Tuttavia, circa due terzi delle persone che hanno problemi mentali non ricevono cure o sostegno. Anche nelle nazioni ricche, come gli Usa o la Gran Bretagna, oltre il 50% delle persone con questi problemi rischia di non ricevere nessun trattamento o di dover aspettare a lungo prima di riceverlo, sottolinea lo studio pubblicato in occasione del 13esimo incontro annuale dei New Champions del Wef, al via da oggi al 3 luglio a Dalian, in Cina, con oltre 2.000 partecipanti da 120 Paesi.

La tecnologia, tramite app, siti dedicati, podcast, chat e sostegno online, può aiutare le persone a cercare o mantenere il benessere, contribuendo a diagnosi, offrendo consulenza, piani di trattamento e monitoraggio. Grazie alla raccolta e all’analisi di dati per informare sulle cure è più facile ora accedere alle informazioni e mettersi in contatto con gli specialisti. Ma se da un lato le tecnologie, inclusi gli smartphone, i sensori indossabili e l’intelligenza artificiale, possono aiutare a colmare le attuali lacune nelle cure, c’è anche l’altra faccia della medaglia. I Governi, le aziende e i medici devono cioé avere ben chiari e prendere in considerazioni i rischi quanto a privacy dei dati, fiducia e gestione del problema, sottolinea il Wef. ‘Le tecnologie digitali mobili e l’AI sono lame a doppio taglio. Offrono la possibilità di democratizzare e ampliare l’accesso alla salute mentale di centinaia di milioni di persone e di rafforzare l’efficienza del sistema sanitario globale’, commenta Murali Doraiswamy, co-presidente del rapporto e professore di psichiatria e scienze comportamentali dalla Duke University School of Medicine, negli Usa. ‘Dobbiamo tuttavia riconoscere che questo è un cantiere aperto. Dobbiamo introdurre una governance che assicuri che le tecnologie siano utilizzate in un modo etico, empatico e basato sui fatti per minimizzare i rischi noti o futuri’, aggiunge l’esperto. Tra le possibilità offerte dalle tecnologie e già utilizzate vi sono, ad esempio, il ‘counselling’ via chat o messaggi, la formazione di personale in regioni dove ci sono pochi esperti qualificati e anche l’offerta di formazione interattiva online sulla terapia cognitiva comportamentale o sulla riduzione dell’ansia e della depressione.

Il rapporto stila un elenco di otto iniziative che potrebbero aiutare a coniugare i benefici delle tecnologie per la salute mentale, mitigandone i rischi, a cominciare dall’introduzione di una struttura di governance che dia un ampio sostegno all’uso etico della tecnologia e della salute mentale. Necessaria, dunque, una normativa che permetta l’innovazione, ma assicuri anche efficacia e sicurezza. Andrebbero, inoltre, sfruttati i vantaggi di scala per permettere che le innovazioni vadano a vantaggio di ampie comunità e le soluzioni tecnologiche dovrebbero essere concepite per essere sostenibili nel tempo. La priorità, inoltre, deve essere data alle comunità e ai Paesi a basso reddito, quelli dove sono maggiori le deficienze in termini di cure per i disordini mentali. Tra le aziende all’avanguardia nel settore, il Wef cita le statunitensi Crisis Text Line che sette giorni su sette e 24 ore su 24 offre counselling gratuito via sms e 7 Cups, che offre sostegno su basi anonime via web o smartphone, ma ci sono anche la Inuka (Kenia) che forma ‘life coaches’ per la salute mentale nelle aree con pochi professionisti qualificati, l’indiana iCall che fornisce consulenza via telefono, e-mail o chat in nove lingue per raggiungere le comunità marginalizzate e la Human Development Research Foundation del Pakistan che usa avatar per aiutare le persone a capire e riconoscere le sfide poste dalla salute mentale. La tecnologia è uno strumento che può permettere di raggiungere sempre più persone in ogni fase della loro vita, conclude Doraiswamy, ma il ‘tocco umano’ e la compassione restano cruciali per guarire la mente. Le macchine, insomma, non possono sostituire gli psicoterapeuti, ma solo aiutarli a fare sì che le persone con problemi mentali ricevano aiuto.

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