Avere la possibilità di parlare con Armando Trojano è come aprire l’enciclopedia della pallacanestro partenopea, raccontata con una passione che ti avvolge in un abbraccio caldo come un caminetto acceso quando fuori infuria la tempesta. Un’enciclopedia che l’assistant coach della GeVi Napoli scrive con l’umiltà di chi è consapevole di vivere un sogno, un sogno per cui ringrazia i soci a capo della società Grassi, Tavassi ed Amoroso, ma anche il GM Mirenghi e Cristian Andrisani, che ha lavorato al suo fianco in diverse vesti negli ultimi anni ed oggi è a capo della logistica. Umiltà, passione, dedizione nei minimi particolari del lavoro settimanale, tutto racchiuso nel cuore e nei lineamenti del volto di un vero e proprio totem del nostro basket, apprezzato in primis dai tifosi; Armando Trojano ricambia sempre con gli interessi l’affetto che riceve, accettando anche l’essere considerato un’estensione del cuore degli spalti in panchina.
Ai nostri microfoni è venuto fuori il Trojano passionale, certo, ma soprattutto l’allenatore meticoloso, quasi maniacale nella pianificazione, e sempre disposto ad imparare qualcosa di nuovo, anche dopo oltre un ventennio di carriera, tutta spesa in terra napoletana.
Tre vittorie nelle prime tre partite, primato in classifica, eppure c’è la sensazione che non si sia ancora vista la vera Napoli, cosa pensi che manchi per arrivare al livello che vi aspettate?
Non si è vista ancora la vera Napoli perché c’è ancora molto da lavorare, siamo ad appena tre partite di campionato disputate e la nostra preseason non è stata assolutamente positiva visto quello che è accaduto. In queste tre partite abbiamo fatto cose buone, discrete, però, per raggiungere un livello ottimale c’è ancora tanto lavoro da fare.
Mayo ai box, ha ancora problemi o è semplice precauzione?
Solo precauzione, è seguito dallo staff medico con a capo il dottor D’Alicandro, dai fisioterapisti, dal nostro preparatore, siamo vicini a recuperarlo.
Porte chiuse, contagi, mascherine, distanziamento, queste brutte novità sono conosciute da tutti, com’è cambiata, invece, la routine settimanale della squadra?
Prima di tutto nel fare attenzione, fortunatamente la società ci tiene in una specie di bolla, tutti facciamo solo campo e casa, poi facciamo i tamponi anche due volte a settimana, siamo super controllati e di questo non possiamo che ringraziare la società.
Quando si fa il tuo nome si pensa ad una vera e propria bandiera del basket napoletano; qual è il momento che ti è rimasto più a cuore in questi oltre 20 anni di carriera?
Non voglio essere banale, ma da napoletano, da bagnolese, da persona che andava allo stadio a vedere il Napoli e poi al palazzetto a seguire il Napoli Basket, vivo tutte le partite con lo stesso piacere, con la stessa tensione, però è indubbio che ci siano partite che lasciano il segno. Penso alla promozione in serie A, la Coppa Italia, lo scorso campionato con l’arrivo di Pino Sacripanti, con cui abbiamo centrato i play off dopo un inizio altalenante ed avremmo potuto dire la nostra in postseason, ma io mi ritengo fortunato di allenare la squadra della mia città e vivo ogni momento, anche gli allenamenti, con tanta passione e tanto amore per la mia squadra.
Da Lombardi a Bucchi, prima, passando per Mazzon e Caja, poi da Ponticiello a Sacripanti, passando per Lulli, quale caratteristica ruberesti agli allenatori con cui hai lavorato?
Ruberei qualcosa da ognuno per costruire la mia idea di pallacanestro, hai nominato grandi allenatori, luminari del basket italiano ed europeo. Ho l’onore di lavorare con Pino Sacripanti che ritengo tra i primissimi allenatori in Europa, ci sono tanti segreti che puoi carpire loro, stando al loro fianco capisci ed apprendi come bisogna lavorare e gestire la squadra per fare in modo che arrivino i risultati.
Ti sei definito un allenatore tifoso, quanto è difficile separare le due parti durante la partita?
Difficilissimo, però ci devo riuscire e ci sto riuscendo. Bisogna essere lucidi quando sei in panchina, per ogni suggerimento o consiglio. Vedere la partita dalla panchina è totalmente diverso, per cui devi essere sempre pronto e lucido, se per un attimo viene fuori il tifoso che è in te devi ributtarlo dentro ed essere professionista.
Obiettivo promozione, da quanto hai potuto vedere, tra i due gironi, chi pensi che sia la principale antagonista?
Ci sono varie squadre attrezzate per fare benissimo, da noi c’è Scafati, ma anche Forlí e la stessa Ferrara che affronteremo fra qualche settimana, dall’altra parte penso a Verona e Torino, come squadre attrezzate per fare il salto di categoria.
Mercoledì al PalaBarbuto c’è la Stella Azzurra Roma, come ci presenteresti l’avversario?
Giocheremo contro una squadra che fa della corsa, della rapidità e della velocità la propria arma. Hanno giocatori in grado di giocare l’1 contro 1 in modo veloce e rapido come Thompson, per esempio, poi hanno Laster che è molto bravo a giocare in post; è una squadra di ragazzi, sappiamo cosa il vivaio Stella Azzurra sia capace di tirare fuori di anno in anno, sarà una partita molto delicata da giocare con pazienza, attenzione e dando il 100% in difesa.