“Chiamatemi pure cagnaccio, è ciò che sono”
Lo rivendica, Lorenzo Uglietti, il suo ruolo di agente guastatore degli attacchi avversari, e l’accostamento ai Cagnacci della Nazionale lo lusinga. Lucido e consapevole, l’ex Treviso non nasconde la polvere sotto il tappeto ed ammette i problemi palesati dalla squadra nell’attaccare la zona, così come i cali di concentrazione che hanno portato a qualche inciampo di troppo.
Ma la sua carriera, vissuta in quell’immaginaria trincea che è la propria metà campo con il coltello tra i denti, non può che far emergere il suo spirito battagliero che lo porta ad avvisare sia Scafati, che affronterà nel derby, sia chi crede che questa squadra non sia pronta ad imporsi sulle altre concorrenti: nelle partite fondamentali Napoli ci sarà, ci sarà eccome, con la tensione alta ed un Mayo in più. Sembra quasi dire che fino ad oggi si è scherzato ma, ora, si comincia a fare sul serio.
A San Severo è arrivata una prestazione finalmente più costante, cosa è cambiato nella testa rispetto al black out che ha provocato la sconfitta con Ravenna?
È una cosa su cui lavoriamo da inizio anno, il coach ci chiede di essere solidi per 40’, a volte ci viene, a volte no. Non è una caratteristica facile da allenare, deve partire da noi. Domenica siamo partiti attenti e concentrati, sapevamo che San Severo, in casa, anche se ha cambiato parecchio tra allenatore e giocatori, ha sempre messo in difficoltà le squadre di testa: Forlì ha vinto di misura, Ferrara ha perso, sapevamo che non sarebbe stata una passeggiata. So che abbiamo avuto qualche passaggio a vuoto, tuttavia sono sicuro che nelle prossime partite, che saranno fondamentali, sapremo tenere alta la concentrazione.
È diffusa l’opinione che la squadra abbia qualche problema nei finali punto a punto e contro la zona, quali credi siano le cause di questi problemi?
Non è un segreto che facciamo fatica contro la zona, per questo ce la ritroviamo contro in ogni partita, tutte le squadre tendono a schierarla per lunghi tratti contro di noi perchè non siamo i migliori in questa sfaccettatura del gioco. Però abbiamo già dimostrato di saper giocare contro la zona, come contro Ravenna o Rieti, il problema è che, alla fine, fermavamo troppo la palla dando ritmo alla squadra avversaria. Sicuramente è una questione di tecnica, che risolveremo lavorando in palestra e seguendo le indicazioni del coach; siamo tutti giocatori capaci di attaccarla. Per quanto riguarda i finali punto a punto, sono conseguenza delle nostre difficoltà contro la zona e dei cali di tensione avuti durante i 40’ che ci hanno portato a perdere un po’ la bussola e, quindi, le partite.
Ora c’è il derby all’orizzonte, una partita che può cambiare anche le prospettive per la seconda fase, come ci arrivi tu e come credi che arriverà la squadra all’appuntamento contro Scafati?
Sappiamo, sia noi che loro, che questa è una partita diversa dalle altre, al di là della classifica; inoltre, il fatto che ci si porteranno dietro i punti nella seconda fase la fa pesare il doppio. Noi ci arriviamo carichi, sappiamo che loro sono in un buon momento e stanno giocando su ottimi livelli, ma noi, dopo la sconfitta con Ravenna, abbiamo potuto allenarci bene, con tanta intensità ed attenzione, in queste due settimane. Ci arriveremo super preparati e super vogliosi di vincere il derby in casa.
Bernardo Musso ha evidenziato il buon disimpegno di Palumbo come arma in più per Scafati, come credi possa cambiare le carte in tavola rispetto all’andata?
Palumbo è un giocatore che sa fare un po’ di tutto, dall’attacco al pick ‘n roll all’1vs1, passando per il gioco spalle a canestro. Ha taglia, fisico, può incidere a rimbalzo, è un giocatore che non eccelle in niente ma sa fare bene tutto. All’andata Scafati perse Marino ad inizio gara e ne pagó le conseguenze nel proprio ritmo, sicuramente Palumbo potrà dare loro una mano nei momenti clou.
Sei apprezzato dai tifosi per le tue doti difensive che hanno spesso dato un punto in più d’intensità alla squadra; ti senti identificato in questo ruolo da “cagnaccio”?
È una descrizione che mi attribuiscono quasi ovunque, rispecchia il mio modo di giocare, quindi mi fa molto piacere avere questa reputazione; cerco di trovare energia tanto da una buona difesa quanto da un canestro, quindi sono proprio quel tipo di giocatore.
Sei stato chiamato a sopperire l’assenza di Mayo agendo da playmaker, quanto è difficile inserire un giocatore come lui dopo che la squadra aveva consolidato un modo di giocare che, per motivi di forza maggiore, ne faceva a meno?
Noi sapevamo che sarebbe stata un’assenza temporanea, giocavamo tutti con l’idea che, prima o poi, sarebbe rientrato. Non è un giocatore che ti cambia troppo il modo di giocare, non ha bisogno troppo della palla in mano per inventare, ama giocare sul pick ‘n roll e scaricare coinvolgendo i lunghi, s’incastra molto bene. A livello di minutaggio è cambiato qualcosa per tutti ma era un qualcosa che ci aspettavamo, lui è un giocatore molto buono per la categoria.
Non si è visto ancora il vero Mayo perchè sta ritrovando il ritmo, soprattutto a livello di tenuta fisica; ci riuscirà sicuramente ora che avremo tante partite ravvicinate.
In una stagione come questa ci si ritrova a parlare di covid-19 quasi ogni giorno, che idea ti sei fatto sulla querelle tra Ferrara e Ravenna?
Credo che se il regolamento dice che si deve andare a giocare, salvo determinate condizioni, bisogna rispettarlo e farsene una ragione; non è che le norme siano cambiate nell’ultima settimana, sono le stesse che abbiamo conosciuto ad agosto e ne pagano tutti le conseguenze negative quando, sfortunatamente, emergono le positività. Bisogna essere molto diligenti; non che Ferrara non lo sia, ma voglio spezzare una lancia a favore della nostra società che da novembre ha evitato contagi facendoci fare una vita molto basilare, casa ed allenamento, una sorta di zona rossa. È il regolamento e dobbiamo rispettarlo, altrimenti rischieremmo di sfasare il calendario per i troppi rinvii.
Si gioca senza pubblico ma quanto senti vicini virtualmente i tifosi?
Io non ho social network, quindi non ho potuto vivere tanto quell’aspetto. Dai racconti dei miei compagni, ma anche dalle dimostrazioni di sostegno in presenza ricevute quando siamo partiti per Scafati o Forlì, ho avuto la dimostrazione che, pur limitatissimi dalla pandemia, i tifosi ci sono e ci sono sempre stati. È una bella sensazione ricevere la loro spinta perchè ci dà la consapevolezza di non lottare solo per un noi stessi ma anche per far felice qualcun altro.
Che Napoli dobbiamo aspettarci ora che comincia il periodo decisivo?
Super concentrata e motivata per raggiungere l’obiettivo finale, o almeno provarci.
PhotoCredit: Massimo Solimene