GeVi Napoli: Coppa Italia A2, The Day After

Si è conclusa la tre giorni di Cervia con gli azzurri ad alzare al cielo romagnolo il trofeo; dopo le emozioni, è tempo di bilanci.

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Riassiunto delle puntate precedenti

“Benvenuti sulle montagne russe per le coronarie”. Ci sembra giusto cominciare così, mettendoci nei panni dei tifosi che non hanno potuto seguire la squadra in Riviera ed hanno sofferto per impotenza, per non poter far sentire il proprio apporto ai loro beniamini. Ma, alla fine, è proprio quello il leit motiv di questo fine settimana: la GeVi è partita con solidità, prosciugando un attacco prolifico come quello di Orzinuovi senza apparente difficoltà, ma subito ha dovuto fare i conti con un problema grosso, la spalla di Parks preoccupa, al 100% non ci sarà in semifinale. E, invece, forse proprio per il periodo dell’anno, l’ala ex Treviso risorge e trascina.

Contro Tortona è un tappone di montagna: prendete il Pordoi, lo Zoncolan, il passo Gavia o simili e cominciate a pedalare. E Parks lo fa, e Mayo con lui, sovrapponendosi anche ad un arbitraggio di cui si fa davvero fatica a comprendere il metro, con valutazioni diametralmente opposte a seconda del fischietto che stazionasse nelle immediate vicinanze dell’azione. Sei a valle, l’avversario vola a +15 ed è una squadra che fa dell’intensità difensiva un dogma, Cannon sembra tornato quello devastante visto a Rieti, ma questa Napoli ha 7 vite e risale; Uglietti è a tratti insormontabile, Monaldi festeggia il compleanno inaugurando la “premiata ditta del bersaglio grosso” con Mayo ed il quarto periodo è punto a punto. Quando tutto sembrava volgere per il meglio, gli azzurri si complicano la vita e rischiano il suicidio, dopo la tabellata di Mascolo che riporta a -2 la Bertram, perdendo un pallone sanguinosissimo che Fabi trasforma nel pareggio. È di nuovo baratro, Tortona va a +4 ad inizio overtime, poi emerge ancora il carattere di questa squadra a regalare la finale. Dall’altro lato, Udine sorprende tutti facendo saltare le più quotate Forlì e Scafati con una difesa da manuale ed un’asse Giuri-Foulland che traina i friulani con il sostegno quasi zen di Johnson e l’energia della gioventù di Schina.

Pensavate ad una partita facile? Illusi: l’APU scappa quasi subito ed imbriglia l’attacco azzurro, il +14 siglato dalla tripla di uno scatenato Antonutti sembra la pietra tombale sulle speranze di trionfo di una Napoli che appare come un pugile suonato, con Parks che cade nel tranello di Nazzareno Italiano e perde la testa per un istante. E invece no, non spegnete la tv: la GeVi si affida alle invenzioni di Mayo che, stavolta, trova in Iannuzzi una fida spalla e la scalata riprende, arrivando all’aggancio a quota 63 ed al sorpasso per cortesia di Matteo Boniciolli che esagera nelle proteste. È tutta inerzia che cambia: la GeVi, presa la leadership, non la mollerà più, ma trema sulla tripla di Johnson che rimette tutto in discussione prima che un Uglietti da sogno gli risponda dall’angolo per il 74-68 che chiude sostanzialmente i giochi. L’inizio dei festeggiamenti è dato dall’alley-oop Mayo-Parks.

 

Analisi di un Trionfo

LA SOCIETÀ
Fare sport, che non sia il calcio, a Napoli è un’impresa già se riesci a mettere in campo una squadra. Se, poi, quando l’interesse aumenta, arrivano critiche poco argomentate, ci sta che possa farsi largo un pizzico di scoramento. Napoli è piazza tanto esigente quanto smemorata, passano presto in secondo piano gli anni bui.

Federico Grassi ha resistito a tutto: alla quasi totale assenza delle istituzioni, all’esilio forzato a Casalnuovo, alle prime difficoltà dopo l’arrivo in A2, alle polemiche che hanno investito Roderick, prima, e Mayo, quest’anno.

Vero, qualche volta ha espresso la delusione per quella che può sembrare ingratitudine della piazza, ma non ci sentiamo di fargliene una colpa: il semplice fatto che i tifosi partenopei abbiano ricominciato a credere di poter primeggiare è già una vittoria, il fatto che esistano critiche di chi vorrebbe vincere è un merito, soprattutto dopo anni in cui la massima speranza è stata quella di vedere un quintetto con la parola Napoli stampata sulla canotta.

La coppa è conseguenza di un lavoro instancabile e frutto di amore verso i colori che rappresenta; in coordinazione con i soci Tavassi e Amoroso ha dato vita ad una creatura mirabile.

AMOR CHE A QUESTO AMANTE AMAR PERDONA
“Non sa fare la squadra” (cit.), “Sta là perchè…”(aggiungete voi); su Antonio Mirenghi se ne sono sentite tante: il GM ha voluto mantenere un profilo basso sempre, si è allontanato dai riflettori ed è stato ad attendere che il fiore che aveva seminato sbocciasse in tutta la sua bellezza. Pazienza e certezza del lavoro svolto sono state le regole che si è imposto, ora raccoglie i frutti.

Dietro le quinte, nel ruolo di DS. Alessandro Bolognesi ha lavorato alacremente dopo l’esperienza di Montegranaro ed ha dimostrato che, in contesti metropolitani, ci può stare eccome. È arrivato in punta dei piedi, passando inosservato ma portando le sue competenze che tanto avevano già prodotto in terra marchigiana.

 

Filosofia Zen

LO STAFF TECNICO
Tutto. Tutto perchè, se per Pino Sacripanti parlano i suoi trascorsi, non si può tralasciare il fondamentale lavoro degli assistenti Cavaliere, Trojano e Conte, dei fisioterapisti Esposito e Serpico o del preparatore atletico Sorrentino.

Briefing in panchina, raccolta dati, le parole giuste al momento giusto; i tecnici azzurri hanno creato una squadra unita come quella che scende sul parquet. È stata una delle scelte più illuminate di Sacripanti: oltre al suo inseparabile Francesco Cavaliere, si è attorniato di professionisti partenopei, legati alla squadra da sincero amore oltre e più che dal lavoro e, se lo fai con un sentimento del genere, anche il prodotto del tuo lavoro avrà un plus che non potrai dare altrove.

Il coach canturino lo sa ed ha voluto con sè Armando Trojano e Serpico, pur reduci dall’esperienza con Lulli; la sinergia tra le varie componenti ha plasmato una squadra di talento e carattere.

I moschettieri

LA SQUADRA
#0 Andrea Zerini
Qualcuno dovrebbe rivedere il finesettimana cervese solo per godersi il pick ‘n roll tra lui e Josh Mayo o la sua difesa sul pivot avversario. Incombe, non arriva, fa fare notte anche ad avversari fisicamente avvantaggiati come Foulland. Soffre in semifinale un Cannon inedito questa stagione, poi lascia il palcoscenico al collega di reparto. Le twin towers azzurre si fanno sentire.

YOU…SHALL…NOT…PASS!

 #7 Antonio Iannuzzi
In sordina, sotto il pelo dell’acqua. Non lo vedi ma fattura, azzanna, produce con il suo jumper dalla media. Contro Tortona fatica anche lui, innervosito da qualche colpo non proprio lecito subito ma non sanzionato, ma risorge dalle ceneri nel terzo quarto contro Udine, quando diventa un incubo per Foulland come per Pellegrino, che supera per energia ed acume. Messo in discussione da parte della piazza, il pivot irpino ha risposto presente nel momento più importante della partita. Si vede la pinna, ma il pericolo è più sotto.
THE SHARK

#9 Amar Klacar
Una coppa da spettatore, 125 minuti di gioco per imparare e, magari, essere protagonista in futuro.
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#11 Jordan Parks
Parte e domina: per fermarlo bisogna metterlo fuori uso, così il caso decide che sia meglio togliergli un braccio. Non ha fatto i conti con il cuore enorme di questo ragazzo.
Era impossibile che potesse scendere in campo, questo il parere di tutti i medici dopo la risonanza magnetica, ma mai sottovalutare il cuore di un campione: Parks scende in campo lo stesso e gioca 30’ contro Tortona, mettendo insieme 13 punti e 10 rimbalzi, doppia doppia con un braccio solo; poi in finale cede protagonismo ma arriva comunque a 10 punti, rischiando qualcosa quando cade nel tranello di Italiano ma riprendendosi la scena soprattutto in difesa, dove si vendica facendolo anche innervosire.
L’ha detto Sacripanti, ci accodiamo: la sua decisione di scendere in campo nonostante il parere negativo dei sanitari è dimostrazione di quanto sia attaccato alla squadra e la carica; non apparirà sulle stats, ma fattura eccome.
BURNING HEARTH

#12 Daniele Sandri
La palla non ne vuol sapere di entrare, ma lui non si perde d’animo: spende falli quando necessario, lotta e le statistiche non premiano il lavoro che svolge come facilitatore dei recuperi o come liberatore di spazi nel pitturato. Contro Tortona parte in quintetto e si mette in trincea a resistere alla sfuriata degli uomini di Ramondino con Fabi e Sanders che stazionano dalle sue parti ed hanno intenzioni tutt’altro che amichevoli. Regge l’impatto ma non basta, quando la Bertram scappa, dalla panchina si alza Parks. Molti gli chiederebbero di essere un grande realizzatore, Sacripanti gli chiede esattamente quello che fa: difesa alla morte, sagacia, leadership del gruppo. Se Monaldi è il capitano, Sandri è il perfetto luogotenente che tiene sulla corda la truppa azzurra e trasmette la grinta giusta.
EYE OF THE TIGER

#13 Pierpaolo Marini
Quando resta in area un’eternità, mentre attacca il centro dell’area per tirare in sospensione, con quel viso da perenne ragazzino e la sfacciataggine con cui sfida il diretto avversario, viene naturale pensare che voli e sbeffeggi il capitan Uncino di turno. Contro Orzinuovi è dominante, come in varie altre occasioni in cui è stato la principale bocca da fuoco azzurra, ma nelle successive due mostra anche di non aver bisogno di accentrare palloni per essere un fattore: 15 punti contro Tortona, con il fondamentale canestro del primo sorpasso dopo essere stati a rimorchio dall’inizio, 10 contro Udine, quando la palla (2/14) sembra proprio non voler entrare dal campo. Ma, quando il campo non vuole saperne, c’è sempre il cronometro fermo: suoi i tre liberi che valgono il primo aggancio ed una mazzata psicologica ad una Udine che, dopo tanti tentativi falliti, aveva cominciato a credere di essere irraggiungibile. Nella foresta di braccia avversarie si sente suo agio e vince più di una sfida che darebbe la cosiddetta “rep” nei quartieri della Grande Mela.
PETER PAN

#14 Josh Mayo
Zitti tutti, parla il professore. Definire travagliato il suo inizio di stagione è riduttivo; i segnali di ripresa sono arrivati poco a poco, con frequenza gradualmente maggiore, fino all’exploit di questo finesettimana. 13 punti contro Orzinuovi, in una partita sostanzialmente mai in discussione, 22 contro Tortona, tutti nel secondo tempo, metà nel quarto periodo, poi i 26 della finale, con un terzo quarto in cui ne segna 11 di fila e spinge la rimonta dal -14 e la tripla del +4 che comincia a scrivere il nome della GeVi sulla base del trofeo di coppa. Dei 48 punti segnati tra semifinale e finale, 42 arrivano dopo l’intervallo, e non è solo una coincidenza: quando sembra che la nave azzurra possa affondare, il timoniere la conduce in porto.
In tanti l’avevano dato per morto, in questa coppa da Oscar ha messo tutti d’accordo nello spellarsi le mani.
THE REVENANT

#16 Lorenzo Uglietti
Ma quanti ce ne sono? Un campionato da difensore quasi puro, cosa di cui quasi gliene si faceva una colpa, salvo applaudirlo ogni volta che la sua intensità portava ad una palla recuperata. In Riviera, l’esterno torinese comincia a segnare con regolarità: 12 punti contro Orzinuovi, 10 contro Tortona, 12 contro Udine, compresa la bomba del 74-68 che indirizza definitivamente la finale. Nota da non tralasciare: tira con il 75% dal campo contro gli orceani, 80% contro il Derthona e “solo” 63% in finale. Difesa? Detta. Attacco? Anche. Manca la voce rimbalzi: mai sotto le 5 catture, 2 carambole di media prese sotto il ferro avversario.
X-MEN (Li fa tutti lui)

#21 Eric Lombardi
Non è stato il miglior Lombardi di stagione. Gregario di lusso, anima gemella cestistica di Parks, patisce la stanchezza in finale e Sacripanti lo comprende, limitandone il minutaggio nonostante la sua situazione falli non sia pericolosa. Intanto, se la GeVi arriva a giocare anche la prima partita della kermesse cervese è anche molto merito suo. E poi, per gli unici due punti segnati in finale, ha scelto il modo più spettacolare, steal and dunk. Ma la cosa più bella la fa il sabato, diventando protagonista della rimessa disegnata dalla panchina durante il time out: si fa trovare nel pitturato senza che nessuno se ne accorga ed affonda la bimane.
Potremmo parlare dei contatti, duri, subiti tra sabato e domenica, ma l’ex Biella ha fatto come se niente fosse, continuando a sporcare palloni a rimbalzo, a fare legna, anche se le statistiche non lo premiano.
SILENT HERO

#32 il capitano, Diego Monaldi
Ha tirato la carretta per tutta la prima parte di stagione, a Cervia lascia la scena a Mayo per due partite su tre, ma contro Tortona è una furia. Gli automatismi del doppio playmaker vanno via via registrandosi e, quella contro la Bertram, ne rappresenta l’espressione massima vista finora. In finale, i primi vagiti di una reazione arrivano dalla sua tripla. E l’apporto arriva anche quando è in panchina, quando sono lui e Sandri a prendere da parte Marini quando cade preda di un eccesso di nervosismo. Alla fine alza la coppa, regalo di compleanno strameritato anche per l’umiltà con cui ha accettato una concorrenza come quella di Mayo nel suo ruolo.
CAPITANO, MIO CAPITANO!

CreditPhoto: Massimo Solimene

 


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