Discernere il bene dal male è possibile da bimbi, già a due anni di età. Come pure operare un distinguo tra l’autorità positiva e quella negativa o addirittura coltivare dentro di sé il concetto di giustizia. Gli studi effettuati dal dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive all’Università di Trento vanno in questa direzione interpretativa. Le ricerche, in quest’ambito, ricostruiscono situazioni molto semplici da sottoporre alla visione dei bambini nella prima infanzia. L’obiettivo è “dimostrare che i più piccoli, in misura maggiore rispetto a ciò che si pensava 50 anni fa, hanno concezioni complesse, alla base di quelle dell’adulto, del mondo fisico e sociale che li circorda”. Parte da qui il ricetcatore Margoni, su alcune delle ricerche che hanno portato alla recente pubblicazione dell’opera collettiva ‘Il bambino di Platone’ (Le Due Torri), volume che pone a confronto la Psicologia e la filosofia sull’origine e lo sviluppo della cognizione morale. “I bambini interpretano le azioni che gli adulti connotano moralmente – spiega Margoni – noi abbiamo voluto comprendere in che modo lo fanno”.
Aspettative precoci aiutano i bimbi a capire mondo fisico-sociale
La mente del bambino “compie una serie di ipotesi e predizioni spontanee su come funziona il mondo e quando queste non coincidono con la realtà, il piccolo tende a sorprendersi”. È proprio la violazione dell’aspettativa, dunque, la tecnica utilizzata negli studi di Margoni e Luca Surian. Il bene e il male dunque: sono tre i soggetti raffigurati sulla scena ovvero il protagonista tenta di scalare una montagnola, uno degli altri soggetti tenta di impedirglielo e il terzo personaggio, invece, lo aiuta. Quando nella seconda scena il protagonista si dirige verso il personaggio ‘cattivo’ e non verso il ‘buono’, i bambini “tendono a sorprendersi. Quello è per loro un avvenimento fuori dalle aspettative”, spiega Margoni. Un esempio di studio che porta alla luce, a detta dello psicologo, anche la “misura della preferenza”. Se richiesto, i bambini stessi “preferiranno raggiungere il soggetto ‘buono’ e non quello ‘cattivo’, e ciò dimostra che comprendono la differenza tra questi due personaggi”, continua il ricercatore. In merito al concetto di autorità i bambini, nei primi due anni di vita, riescono già a comprendere alcune complesse sfaccettature e “delle dinamiche di scontro”. La scena è “quella di un personaggio grande che si scontra con uno più piccolo”. I bambini tenderanno a sorprendersi quando “il personaggio grande lascerà passare quello piu’ piccolo”. Un altro esperimento continua questo tipo di ricerca differenziando due tipi di “autorità o dominanza”, che Margoni definisce come “quella relativa alla forza fisica e alla costrizione” e quella “più democratica, dove i subordinati accettano volutamente l’autorità del soggetto dominante”. Per semplificare, lo psicologo pensa a “un bullo”, a “un leader” e a un pubblico di tre sottoposti. Nelle scene proposte ai bambini, questi ordinano ai subordinati di andare a dormire e loro “possono decidere se obbedire o meno”.
I risultati indicano che, i bambini risultano “più sorpresi dalla disobbedienza nei confronti del leader che da quella verso il bullo”. Questo perché sono in grado di comprendere in maniera intuitiva la diversità delle due forme di autorità. Commentando la rilevanza di questi studi, il ricercatore aggiunge: “Riusciamo a riscontrare capacità sorprendenti in bambini che hanno avuto un’esposizione sociale minima”. Si suppone, dunque, che “noi tutti siamo dotati di meccanismi di apprendimento specifici per l’ambito delle relazioni sociali e morali, che ci permettono di intuire queste dinamiche complesse a partire da una stimolazione ambientale ridotta. Il ruolo dell’educazione rimane comunque necessario al fine di insegnare al bambino e poi al ragazzo a guidare il proprio comportamento secondo ragione”, conclude lo psicologo.