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Lockdown, uno shock economico senza precedenti per il Nord e per il Sud
La società e l’economia italiane sono attraversate dalla più grave crisi della storia repubblicana. Del tutto inattesa, di natura esogena, dai tempi di propagazione più rapidi tra mercati e paesi, dagli impatti sui livelli di attività economica e sul lavoro più profondi, più concentrati nel tempo e più pervasivi tra settori e territori rispetto all’ultima grande crisi avviatasi a fine 2008. Il lockdown costa 47 miliardi al mese, 37 al Centro-Nord, 10 al Sud. Considerando una ripresa delle attività nella seconda parte dell’anno, il Pil nel 2020 si ridurrebbe del -8,4% per l’Italia, del -8,5% al Centro-Nord e del – 7,9% nel Mezzogiorno. Lo sostiene uno studio SVIMEZ sull’impatto economico e sociale nel Mezzogiorno e nel Centro-Nord. Un inedito shock congiunto di domanda e offerta che sta producendo impatti sociali ed economici che “uniscono” Nord e Sud del paese. L’emergenza sanitaria dunque colpisce più il Nord, ma gli impatti sociali ed economici tendono a propagarsi in maniera più uniforme sul territorio. Il lockdown “costa” circa 47 miliardi al mese, 37 “persi” al Centro-Nord, 10 al Sud. La straordinarietà della dimensione del lockdown si legge nella quota di impianti “fermi”: la SVIMEZ ne stima più di 5 su 10 in Italia.
Nella media nazionale, senza considerare i settori dell’Agricoltura, le Attività finanziarie e assicurative e la Pubblica Amministrazione, crollano del 50% fatturato, valore aggiunto e occupazione. Il blocco colpisce duramente, sia pure con diversa intensità, indistintamente l’industria, le costruzioni, i servizi, il commercio. A livello territoriale, sono più interessate le regioni del Nord soprattutto in termini di valore aggiunto (49,1%, circa 6 punti percentuali in più rispetto al Centro e al Mezzogiorno). In termini di occupati interessati la forbice si annulla tra Nord e Sud: 53,3% nel Nord, 51,1% al Centro e 53,2% nel Mezzogiorno. In termini di unità locali, le differenze territoriali si ribaltano, segno di una maggiore parcellizzazione del tessuto produttivo nel Mezzogiorno dove le unità locali interessate dal lockdown raggiungono il 59,2% a fronte del 56,7 e del 57,2% rispettivamente nel Centro e nel Nord. La SVIMEZ stima che un mese di lockdown “costa” 47 miliardi di euro (il 3,1% del Pil italiano), 37 dei quali “persi” al Nord, 10 nel Mezzogiorno. Si tratta di 788 euro pro capite al mese nella media italiana, 951 euro al Centro-Nord contro i 473 al Sud. L’impatto del lockdown sull’occupazione: autonomi e partite iva a rischio. Se si analizza l’intero sistema economico, tenendo conto anche del sommerso, sono interessati dal lockdown il 34,3% degli occupati dipendenti e il 41,5% degli indipendenti. Al Nord l’impatto sull’occupazione dipendente risulta più intenso che nel Mezzogiorno (36,7% contro il 31,4%) per l’effetto della concentrazione territoriale di aziende di maggiore dimensione e solidità.
La struttura più fragile e parcellizzata dell’occupazione meridionale si è tradotta in un lockdown a maggiore impatto sugli occupati indipendenti (42,7% rispetto al 41,3% del Centro e del Nord). Sono “fermi” circa 2,5 milioni di lavoratori indipendenti interessati: oltre 1,2 milioni al Nord, oltre 500 mila al Centro, quasi 800 mila nel Mezzogiorno. Si tratta in larga parte di autonomi e partite iva: oltre 2,1 milioni, di cui 1 milione al Nord, oltre 400 mila al Centro e quasi 700 mila nel Mezzogiorno. Le perdite di fatturato e reddito lordo operativo di autonomi e partite iva sono piuttosto uniformi a livello territoriale. La perdita complessiva di fatturato è di oltre 25,2 miliardi in Italia, così distribuiti territorialmente: 12,6 al Nord, 5,2 al Centro e 7,7 nel Mezzogiorno. Una distribuzione territoriale simile si osserva per le perdite di reddito operativo: circa 4,2 miliardi in Italia, di cui 2,1 al Nord, quasi 900 milioni circa al Centro e 1,2 milioni nel Mezzogiorno. La perdita di fatturato per mese di inattività ammonta a 12 mila euro per autonomo o partita iva, con una perdita di reddito 3 lordo di circa 2 mila euro, 1900 e 1800 per mese di lockdown rispettivamente nelle tre macroaree. La distribuzione territoriale, al netto dei consumi collettivi (nei quali è ricompresa la spesa sanitaria), prevede una distribuzione, rispetto alla popolazione residente nelle due ripartizioni, più favorevole al Centro-Nord, come è logico data la diversa intensità assunta dall’epidemia nelle diverse aree. Il “cura Italia” sviluppa un intervento essenzialmente di maggior spesa corrente pari a 1,2 punti di Pil, meno della metà della stima SVIMEZ dell’impatto di un mese di lockdown in termini di perdita di Pil.