Il testimone chiave su Trump: “Pressioni sugli ucraini per indagare sui Biden, seguì gli ordini del presidente”
L’ambasciatore Usa in Ue Gordon Sondland, uno dei testimoni d’accusa più attesi nell’indagine sull’impeachment, ha dichiarato di fronte alla Commissione Intelligence della Camera di aver pressato Kiev a indagare sui Biden agendo sotto “ordini diretti” di Donald Trump e con il consenso del segretario di Stato Mike Pompeo. Tutti, dal vicepresidente Mike Pence ai vertici del dipartimento di Stato, sapevano ed erano “nel giro”, come emerso da conversazioni WhatsApp avute con alti funzionari. “Abbiamo seguito gli ordini del presidente”, ha dichiarato Sondland, aggiungendo che Trump forzò lui e altri diplomatici statunitensi a lavorare con il suo avvocato personale, Rudolph Giuliani: “Non volevamo lavorare con Giuliani. Semplicemente, abbiamo giocato le carte che ci sono state servite”. Non solo: Sondland ha detto di aver esplicitato le sue preoccupazioni con il vice presidente Mike Pence per un evidente collegamento tra gli aiuti militari all’Ucraina e le indagini, sottolineando di “non aver mai ricevuto una risposta chiara” sul perché gli Stati Uniti, all’improvviso, avessero bloccato i fondi sulla sicurezza destinati a Kiev.
L’ambasciatore ha spiegato di aver appreso della decisione tra luglio e agosto, e di essersi “opposto in modo categorico”. “Gli ucraini – ha aggiunto – avevano bisogno di quei fondi per respingere l’aggressione russa. Ho cercato, diligentemente, di chiedere perché i soldi fossero stati bloccati, ma non ho mai ricevuto una risposta chiara”. È il punto centrale dell’indagine per impeachment in corso alla Camera, che vuole appurare se quei fondi vennero bloccati per essere usati come leva di scambio con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky affinché mettesse sotto inchiesta Joe Biden e il figlio Hunter, così da ostacolare la candidatura presidenziale del vice di Barack Obama. C’è stato un “quid pro quo” nelle interazioni tra la Casa Bianca e il governo ucraino? “La risposta è sì”, ha dichiarato l’ambasciatore, citando però esplicitamente “un prestigioso invito alla Casa Bianca” per Zelensky in cambio dell’avvio delle indagini, e non il congelamento degli aiuti militari.
Sondland è uno dei protagonisti di quel “canale diplomatico altamente irregolare” messo in piedi dalla Casa Bianca nei processi informativi e decisionali con Kiev, secondo quanto denunciato nella prima audizione pubblica da William Taylor, incaricato d’affari americano in Ucraina. Un canale la cui esistenza è stata confermata dallo stesso Sondland, che ha specificato di aver agito controvoglia limitandosi a eseguire gli ordini presidenziali. Il rappresentante americano in Europa è però rimasto sul vago riguardo al contenuto della telefonata con Trump avvenuta il 26 luglio scorso in un ristorante di Kiev, telefonata a cui era presente David Holmes, funzionario dell’ambasciata Usa in Ucraina. Holmes è stato sentito venerdì a porte chiuse. Secondo la copia della sua dichiarazione iniziale ottenuta da Cnn e New York Times, il funzionario Usa ha così ricostruito l’episodio: Sondland, che si trova in Ucraina, chiama Trump dal suo cellulare mentre è in un ristorante, Trump parla a voce così alta che Sondland è costretto a tenere il telefonino staccato e quindi Holmes e altre due persone riescono a sentire la voce di Trump. Holmes dice che Trump chiede a Sondland se il presidente ucraino Zelensky farà quindi partire l’inchiesta. Sondland conferma di sì e aggiunge che Zelensky “loves your ass” e che farebbe di tutto per lui. Finita la telefonata, Holmes chiede spiegazioni a Sondland che dice che a Trump importa molto più dell’indagine sui Biden che dell’Ucraina.