L’imputata Fausta Bonino accusata di 10 casi di morti sospette per aver iniettato eparina
Ergastolo per l’infermiera di Piombino, a stabilirlo il gup del Tribunale di Livorno, Marco Sacquegna, che ha condannato Fausta Bonino, accusata dalla Procura di omicidio volontario plurimo e aggravato, per quattro morti sospette di pazienti, iniettando eparina, avvenute nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Piombino, Livorno, tra il settembre del 2014 e il settembre del 2015, in cui è stata accertata la sua presenza al lavoro. Bonino è stata assolta per gli altri sei casi perché il fatto non sussiste; assolta anche per il reato di abuso di ufficio. L’imputata, che era accusata di dieci casi di morti sospette, era in aula al momento della lettura della sentenza, che è arrivata dopo cinque ore di camera di consiglio.
Il pm di Livorno, Massimo Mannucci, nel corso della prima udienza del processo con rito abbreviato, aveva chiesto la condanna all’ergastolo. Fausta Bonino, 57 anni, ex infermiera dell’ospedale Villamarina di Piombino, fu arrestata il 30 marzo 2016 perché sospettata di aver ucciso una serie di pazienti durante la loro degenza nel reparto di anestesia e rianimazione con ‘bombe’ di anticoagulante eparina. “Naturalmente faremo ricorso” ha detto l’avvocato Cesarina Barghini, difensore di Fausta Bonino, ha commentato la sentenza. Il legale ha dichiarato di voler attendere le motivazioni per comprendere “il frazionamento” dei casi oggetto della sentenza del giudice. Il 20 aprile 2016 il Tribunale del Riesame di Firenze annullò l’ordinanza di custodia in carcere e Fausta Bonino venne rimessa in libertà. La donna, secondo l’accusa, avrebbe pianificato e causato la morte di dieci persone mediante l’uso “deliberato e fuori dalle terapie prescritte” di eparina in dosi tali da “determinare il decesso” provocato da improvvise emorragie. L’infermiera, che nel frattempo è stata sospesa dall’Asl, si è sempre proclamata innocente. Il legale dell’infermiera, l’avvocato Cesarina Barghini, nel corso dell’arringa difensiva aveva chiesto al giudice l’assoluzione della sua assistita e, parlando con i giornalisti dopo l’udienza, aveva affermato che in caso di condanna, si sarebbe trattato del più grave errore giudiziario a Livorno.