Lo studio dell’Università di Exeter ha rilevato che gli integratori acido folico, vitamina D e Omega-3 non hanno funzionato meglio del placebo
Gli integratori alimentari non hanno alcun effetto contro la prevenzione del disturbo depressivo. A rivelarlo è un team di ricercatori internazionali, tra cui Ed Watkins dell’Università di Exeter, che ha condotto un nuovo lavoro per capire se gli integratori alimentari possono svolgere un ruolo nella prevenzione della depressione. Prendere ogni giorno degli integratori alimentari non aiuterà a prevenire l’insorgere del disturbo, mentre ricevere indicazioni precise per adottare uno stile di vita regolare che aiuta a migliorare il comportamento alimentare può rivelarsi più efficace per prevenire il disturbo depressivo maggiore. È quanto emerge da uno studio pubblicato sul ‘Journal of the American Medical Association’. Lo studio ‘The MoodFood’ ha confrontato diverse strategie per modificare umore e benessere nelle persone in sovrappeso. I ricercatori sono partiti dall’idea che obesità e depressione spesso vanno a braccetto. Più di 1.000 partecipanti in sovrappeso oppure obesi provenienti da Regno Unito, Paesi Bassi.
Germania e Spagna, identificati come ad alto rischio di depressione, hanno preso parte alla ricerca e sono stati seguiti per un anno. La metà ha ricevuto supplementi nutrizionali giornalieri, mentre l’altra metà ha ricevuto un placebo. Questi ultimi hanno anche ricevuto una terapia psicologica e comportamentale progettata per aiutarli a cambiare i loro comportamenti alimentari abituali. Lo studio ha rilevato che gli integratori a base di acido folico, vitamina D, Omega-3, zinco e selenio non hanno funzionato meglio dei placebo nell’aiutare i partecipanti a prevenire la depressione. Sebbene la terapia comportamentale mirata non sia risultata del tutto efficace nel prevenire la depressione in generale, in base ad alcuni elementi i ricercatori hanno visto che impediva episodi depressivi nei soggetti che frequentavano un numero raccomandato di sessioni. Ciò suggerisce, scrivono i ricercatori, che la terapia comportamentale funziona solo se i partecipanti ne ricevono una ‘dose’ sufficiente e sono in grado di modificare la dieta.