Le forze di sicurezza irachene sono pronte a rispondere con ogni mezzo a qualsiasi aggressione lanciata dall’esterno o dall’interno dell’Iraq.
Lo ha dichiarato il premier iracheno Adel Abdul Mahdi in una conferenza stampa avvenuta ieri sera. Il premier ha sottolineato di aver presentato durante una sessione del gabinetto di governo “gli ultimi sviluppi politici e di sicurezza del paese e informato i membri del Consiglio (dei ministri) sui risultati delle indagini in corso relative agli attacchi contro i depositi di armi e attrezzature in varie parti dell’Iraq”. Mahdi, si legge in una nota dell’ufficio del primo ministro, ha ribadito la capacità delle Forze armate, dei cittadini e delle istituzioni a difendere l’Iraq, sottolineando che il paese risponderà con “fermezza e con tutti i mezzi disponibili a qualsiasi aggressione lanciata dall’esterno o da dentro l’Iraq”. I membri del Consiglio dei ministri hanno affermato da parte loro “il diritto dell’Iraq di intraprendere le azioni necessarie legalmente e diplomaticamente e attraverso le istituzioni regionali e il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in difesa della sua sovranità e sicurezza con tutti i mezzi legittimi”.
Lo scorso 26 agosto le Unità della mobilitazione popolare (Pmu, l’alleanza di milizie irachene a maggioranza sciita) hanno accusato Israele del raid aereo condotto il 25 agosto da velivoli senza pilota a circa 15 chilometri dal confine siriano nella provincia a maggioranza sunnita di Anbar, nell’Iraq occidentale. Nel raid ha perso la vita il comandante Kazem Ali Mohsen, noto con il nome di Abu Ali al Dabi, ufficiale di supporto delle Brigate Hezbollah nell’Iraq occidentale. L’episodio giunge dopo una serie di misteriose esplosioni in vari depositi di armi appartenenti alle Pmu sciite appoggiate dall’Iran. Lo scorso 23 agosto, il ministro degli Esteri iracheno, Mohammed Ali al Hakim, aveva convocato l’incaricato d’affari degli Stati Uniti, Brian McFitters, chiarendo che il governo di Baghdad sta considerando tutte le opzioni diplomatiche e legali per salvaguardare la sicurezza e la sovranità dello Stato.
Secondo il quotidiano “The New York Times“, che cita fonti di intelligence mediorientali e statunitensi, ci sarebbe la mano di Israele dietro almeno un raid aereo che in Iraq ha colpito obiettivi legati alle Unità di mobilitazione popolare. Le strutture colpite, secondo le fonti, venivano utilizzate dall’Iran per far giungere armi in Siria. Il riferimento è all’attacco aereo condotto il 19 luglio “dall’interno del territorio iracheno” contro una base militare a nord di Baghdad. L’incursione, che potrebbe costituire il primo bombardamento israeliano in Iraq dal 1981, rappresenta un’espansione della campagna militare che Israele conduce contro obiettivi iraniani in nella regione. Israele ha rifiutato di commentare gli attacchi, ma il primo ministro Benjamin Netanyahu, durante la sua visita a Kiev lunedì 19 agosto, rispondendo a domanda diretta ha dichiarato che “l’Iran non è immune da attacchi in nessun luogo”.