Antonio Consalvo: eravamo rinchiusi in cento in una cella di 20 metri
Il 33enne pordenonese Antonio Consalvo, arrestato per possesso di marijuana un anno fa e rinchiuso nelle carceri di Colombo, capitale dello Sri Lanka, è tornato a casa. Il caso è stato seguito da vicino dalla Farnesina, come più volte rimarcato dal sottosegretario agli Esteri Guglielmo Picchi. E funzionari dell’ambasciata italiana si sono recati in più di una circostanza a fare visita in carcere a Consalvo per assicurarsi delle sue condizioni di salute, riferisce l’edizione on line de Il Messaggero Veneto. Nell’aprile dello scorso anno il pordenonese era stato arrestato all’aeroporto di Colombo: era in transito di ritorno dalla Thailandia, prima di prendere l’aereo per l’Italia. La polizia lo aveva trovato in possesso di una quantità di marijuana di poco superiore a quello che da noi costituisce il limite per l’uso personale. Ma nello Sri Lanka la legge antidroga è severissima. Di recente è stata reintrodotta la pena di morte per i casi più gravi di spaccio. Dopo l’arresto, Antonio Consalvo non aveva più potuto comunicare direttamente con i familiari, tanto che la madre, Lucia Catania, era volata nello Sri Lanka ed era riuscita a incontrare il figlio in carcere. Consalvo è stato processato e condannato a dodici mesi di detenzione, pena che è stata commutata al pagamento di 20 mila rupie, pari a circa cento euro.
Consalvo ai microfoni del Tg 3 del Fvg ha raccontato di essere stato rinchiuso in una cella di 10 metri per 20 dove vivevano tra le 90 e le 100 persone, dotata di un bagno alla turca, una vasca d’acqua, e priva di letti. “Sono dimagrito dieci chili, non ti lasciano chiamare casa o ambasciata, sono botte, non ti danno da mangiare…”. “In carcere, a Negombo, ci davano da mangiare riso e qualche salsa, uova e banane, a volte un pezzo di carne o di pesce”, ha ricordato rifiutandosi però di essere ripreso in volto.