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Libri: Nina o sia la pazza per amore. Storia di una lady Oscar all’ombra del Vesuvio

Anita Curci, dopo “Non mi vendo – Storia di una partigiana del Petraio”, torna al romanzo storico con “Nina o sia la pazza per amore” pubblicato agli inizi di maggio per i tipi di Kairòs Edizioni.

Lontano dalla pazzia amorosa della Nina di Paisiello, la protagonista del romanzo, la marchesina Antonina Giuseppe di Roccagioiosa, condivide con l’eroina dei Manga Oscar François de Jarjayes la jattura di essere nata donna in una società fortemente maschilista, devote entrambe al padre che attende invano l’erede. Inoltre, queste due meravigliose fanciulle, educate come dei maschi a tirar di fioretto, ad usare moschetti e pistole, a cavalcare piuttosto che a ricamare e imparare canto e musica, si muovono su uno scenario –quello europeo- dove la Rivoluzione si fa strada a suon di carteggi segreti, di libelli proibiti, di circoli culturali prima di deflagrare con la presa della Bastiglia (1789) e con il sanguinoso e sfortunato ’99 napoletano.

La scrittura della Curci è elegante e lieve, descrittiva senza ridondanze e inutili orpelli decorativi ed è una scrittura coraggiosa perché accetta e rilancia la sfida di ricorrere alla lingua madre dei personaggi, quel napoletano che ci riconduce ai suoni del Basile e del Sarnelli ; quando indugia sullo scenario lo fa amabilmente descrivendo prima la Corte e i suoi inganni e poi il feudo paterno con le precarie condizioni di vita dei contadini, con un sistema doganale che impediva all’economia il corretto sviluppo e con le angherie dei potenti, certi della loro immunità vista la lontananza dalla Capitale del Regno. Una Napoli, quella settecentesca, dove una donna siede al Consiglio di Stato in virtù di un contratto matrimoniale e tira le fila del Regno con teutonica spietatezza, mentre il re lazzarone si traveste da pescivendolo e si diverte a motteggiare con i sudditi. Un poderoso affresco storico in cui sfilano sotto gli occhi del lettore  Cuoco, Cotugno, Caracciolo, Filangieri, Tanucci e Pignatelli e dove il lettore meno avveduto viaggia –grazie alle note a piè di pagina- alla scoperta di una toponomastica tutta da scoprire. Un romanzo di formazione in cui l’unica possibilità che resta a questa ragazza, condannata al destino comune a tutte le donne di essere relegata al ruolo di mero oggetto di compravendita marimoniale- per salvare il buon nome del suo casato passa attraverso la negazione di sé, della sua audacia, della sua caparbietà; Nina diverrà per tutti il marchese e, solo sotto mentite spoglie, riuscirà a guadagnare credibilità e la fiducia dei suoi contadini e, con esse, il rispetto.

Ma Nina vive, comunque, un’epoca difficile, pregna di forti contrasti sociali in cui una donna è solo una donna. Che si può buttare via, come si butta un abito smesso. Ed in questo la Curci è attualissima, con un finale che fa uscire il lettore dalla vicenda storica e lo riporta bruscamente alla realtà dei nostri giorni.

 


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