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“Mascherine anche in casa”, ipotesi Covid-19 nell’aria: parla il virologo Crisanti

Ricciardi, membro dell’Organizzazione italiana della sanità: “Probabile che il 10-20% della popolazione italiana sia venuta in contatto con il Covid-19”

Mentre l’Organizzazione mondiale della sanità sta riscrivendo in queste ore le linee guida sull’uso delle mascherine contro il Covid-19, dopo lo studio americano che ipotizza come le goccioline emesse con un colpo di tosse o parlando possano viaggiare nell’aria, arriva la proposta del virologo Andrea Crisanti, che non è uno stregone ma fa il Professore all’Università di Padova. Partiamo dall’ipotesi della presenza del Covid-19 nell’aria. Secondo l’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti, come riportato dall’ansa, il coronavirus viaggia nell’aria anche con il semplice respiro. Il virus SarsCov2 è stato trovato in campioni d’aria raccolti a oltre 1,8 metri distanza tra due pazienti. Così scrive l’Accademia Usa in una lettera al capo delle politiche scientifiche della Casa Bianca, inserendosi in un dibattito che va avanti da tempo e che si è aperto nella comunità scientifica internazionale. Ma torniamo in Italia. “Sarà meglio usare mascherina e guanti anche in casa. E, soprattutto, limitare all’indispensabile l’utilizzo degli ambienti domestici condivisi. Mi rendo conto del sacrificio ma i risultati del nostro studio sulle probabilità di essere infettati dimostrano chiaramente l’assoluta efficacia della restrizione”. Crisanti lancia il suo appello al Corriere della Sera.

Professore Andrea Crisanti, virologo

Il Professore è anche colui che ha “ideato” il sistema dei tamponi diffusi, che in Veneto sembra aver funzionato. Crisanti spiega nei dettagli qual è la sua tesi: “Le persone non si ammalano tutte nello stesso momento. Noi vediamo una progressione. In ospedale arrivano a grappoli, interi nuclei familiari. Questo significa che se non si sta attenti le nostre case possono trasformarsi in tanti piccoli focolai di contagio. Diciamo che in questo momento sono più protetti i single”. Secondo il virologo “ci vuole un’azione decisa. Sarebbe utile andare nelle abitazioni a fare i tamponi quantomeno a tutte le persone che hanno accusato sintomi non gravi. Controllare poi i familiari e chi è entrato in contatto con i soggetti contagiati”. L’Oms si sta muovendo a piccoli passi e con molta cautela circa l’ipotesi Covid 19 che potrebbe circolare nell’aria. Su questo punto i pareri del mondo scientifico sono ancora discordanti, ma qualcosa sta trapelando. Se l’Oms inizia a comunicare pian piano, come si fa in questi casi per non allarmare la popolazione, significa che un fondamento di verità esiste.

Il punto di partenza sono i risultati di un nuovo studio del MIT, ovvero il Massachusetts Institute of Technology, l’Istituto di tecnologia statunitense, una delle più importanti Università di ricerca del mondo con sede a Cambridge. Dalla ricerca emerge che “le goccioline emesse con un colpo di tosse o uno starnuto possono ‘viaggiare’ nell’aria per distanze ben più ampie di quanto si pensi”. A sostenerlo è l’infettivologo David Heymann, presidente di un gruppo di consulenti dell’Oms che valuterà se – per rallentare la diffusione del virus – è necessario che un maggior numero di persone indossino le mascherine”. Così l’Oms si prepara a lanciare nei prossimi giorni il programma “Solidarity II”, per sapere quante sono nel mondo le persone con l’infezione attraverso una poderosa campagna di analisi del sangue per rilevare gli anticorpi al virus in quasi una decina di paesi nel mondo. Ciò aiuterà a determinare prevalenza e mortalità del Covid-19 nelle diverse fasce d’età e a decidere la durata di chiusure e quarantene. “Se i Paesi si precipitano ad annullare le restrizioni troppo velocemente, il coronavirus potrebbe riprendere e l’impatto economico potrebbe essere ancora più grave e prolungato”. È questo il monito del direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus.

Dulcis in fundo. Walter Ricciardi, membro del Comitato esecutivo dell’Organizzazione italiana della sanità, ipotizza che il 10-20% della popolazione italiana sia venuta in contatto con il Coronavirus: “I test sierologici per la ricerca degli anticorpi anti-coronavirus Sars-CoV-2 ci faranno capire, dopo questa prima ondata epidemica, qual è la suscettibilità degli italiani all’infezione. Se, come credo, scopriremo che soltanto il 10-20% della popolazione è venuta a contatto con il coronavirus e dunque ha sviluppato gli anticorpi, significherebbe che dovremo stare molto attenti, perché avremo ancora l’80% degli italiani suscettibili”. Poi, Ricciardi prosegue: “Se quello che fino ad oggi abbiamo visto è la punta dell’iceberg, con questi studi sugli anticorpi vedremo l’altra parte: quella sottostante. Dovremo procedere con il campionamento di una popolazione rappresentativa, stratificato in funzione dei gruppi di età e delle aree geografiche. La selezione dovrà essere realizzata molto bene, perché poi il risultato dovrà essere estrapolabile per tutta la popolazione italiana. Una volta che saranno validati i test, per l’operazione serviranno diverse settimane, forse un mese. E dai primi dati non avremo subito chiarezza sull’immunizzazione raggiunta dagli italiani e su quanto dura l’effetto-scudo’: Con i test sierologici avremo la fotografia statica, il film arriverà successivamente”.

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