Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo intervento all’Aula Bunker del carcere dell’Ucciardone, alla cerimonia commemorativa in occasione dell’anniversario delle stragi di Capaci e di Via d’Amelio. “L’onda di sdegno e di commozione generale, suscitata dai gravissimi attentati a Falcone e a Borsellino, il grido di dolore e di protesta che si è levato dagli italiani liberi e onesti è diventato movimento, passione, azione – ha sottolineato Mattarela -. Hanno messo radici solide nella società. Con un lavorio paziente e incessante, hanno contribuito a spezzare le catene della paura, della reticenza, dell’ambiguità, del conformismo, del silenzio, della complicità. La mafia, lo sappiamo, esiste tuttora. Non è stata ancora definitivamente sconfitta.
Estende i suoi tentacoli nefasti in attività illecite e insidiose anche a livello internazionale. Per questo è necessario tenere sempre la guardia alta e l’attenzione vigile da parte di tutte le forze dello Stato. Ma la condanna popolare, ampia e possente, ha respinto con efficacia, in modo chiaro, corale e diffuso, i crimini, gli uomini, i metodi, l’esistenza della mafia”.
Quindi “nessuna zona grigia, nessuna omertà né tacita connivenza: o si sta contro la mafia o si è complici dei mafiosi. Non vi sono alternative – ha spiegato il presidente -. La mafia teme, certamente, le sentenze dei tribunali. Ma vede come un grave pericolo per la sua stessa esistenza la condanna da parte degli uomini liberi e coraggiosi. La mafia ha sicuramente paura di forze dell’ordine efficienti, capaci di contrastare e reprimere le attività illecite. Ma questa paura l’avverte anche di fronte alla ripulsa e al disprezzo da parte dei cittadini e soprattutto dei giovani. La mafia, diceva Antonino Caponnetto, “teme la scuola più della Giustizia, l’istruzione toglie l’erba sotto i piedi della cultura mafiosa”. Una organizzazione criminale, che ha fatto di una malintesa, distorta e falsa onorabilità il suo codice di condotta, in questi ultimi decenni ha perduto terreno nella capacità di aggregare e di generare, anche attraverso il terrore, consenso e omertà tra la popolazione. La mafia, con queste premesse, non è invincibile. Può essere definitivamente sconfitta, realizzando così la lucida profezia di Giovanni Falcone”.
“In questa giornata, cosi’ significativa e cosi’ partecipata, ricordiamo – nel nome di Falcone e Borsellino – tutti gli uomini e le donne che sono stati uccisi dalla mafia. Magistrati ed esponenti politici; sindaci e amministratori; giornalisti e testimoni; appartenenti alle forze dell’ordine e alla società civile; servitori dello Stato e cittadini che hanno detto no al pizzo; collaboratori di giustizia, loro familiari, persino persone che passavano per caso in un luogo di attentato”, ha proseguito il capo dello Stato. “Falcone e Borsellino erano due magistrati di grande valore e di altissima moralità. L’intelligenza e la capacità investigativa erano valorizzate e ingigantite da una coscienza limpida, da un attaccamento ai valori della Costituzione, da una fiducia sacrale nella legge e nella sua efficacia – ha aggiunto -. La mafia volle eliminarli non soltanto per la loro competenza nella lotta alla criminalità organizzata, per la loro efficienza, per la loro conoscenza dei metodi e delle prassi del crimine organizzato. Li assassino’ anche perché erano simboli di legalità, di intransigenza, di coraggio, di determinazione. Erano di stimolo e di esempio per tanti giovani colleghi magistrati e per i cittadini, che li amavano e che riponevano in loro fiducia e speranza. Sono rimasti modelli di stimolo e di esempio”.
“Provenendo da Punta Raisi si passa accanto al monumento che rammenta la terribile strage di Capaci: è un punto coinvolgente, di forte ricordo – ha concluso il presidente -. Voi giovani, che gridate no alle compromissioni, alle clientele, alle complicità, alla violenza, costituite un monumento vivo, dinamico e prezioso. In voi si esprime la voce della società contro condizionamenti illeciti, intrighi, prepotenze, violenza sopraffattrice; la voce dell’Italia che chiede che tutti e ovunque possano sentirsi realmente e pienamente liberi nelle proprie scelte e nelle proprie iniziative. In definitiva, la voce della civiltà e della storia”. Poi il presidente Mattarella si è recato alla caserma Lungaro, dove è stata svelata la teca la teca con all’interno i resti della Quarto Savona Quindici, auto coinvolta nella strage di Capaci in cui viaggiavano gli uomini della scorta del giudice Giovanni Falcone. “Con la lapide e con la teca che custodiscono in maniera fortemente coinvolgente i resti della Quarto Savona 15 c’è un ricordo permanente delle due stragi – ha spiegato Mattarela -. Questo ricordo delle vittime e delle sofferenze, delle vite sconvolte dei familiari, costituisce una delle motivazioni che donne e uomini della polizia di Stato avvertono per il loro impegno così come avviene per tutte le altre forze dell’ordine”. “La mia presenza qui e la corona deposta dinanzi alla lapide – prosegue Mattarella – vogliono testimoniare che il ricordo appartiene all’intera Repubblica, alle sue istituzioni e ai cittadini. La Repubblica ha il dovere di custodirlo con grande riconoscenza per coloro che sono caduti e per i loro familiari”.