Eclettico, innovatore, sperimentatore, rivoluzionario.
Sono tanti gli aggettivi che si possono accostare a Franco Battiato, uno dei più importanti cantautori della Musica italiana, che oggi 23 marzo festeggia 75 anni. Nella sua carriera è stato capace come pochi di approfondire vari stili e generi: il pop negli anni Sessanta, il rock progressivo nei Settanta, fino alla Musica d’autore. Uno sperimentatore nei suoni, con approdi anche alla lirica e all’elettronica, e nei testi, con il connubio con il filosofo Manlio Sgalambro e la sua passione per l’esoterismo e la cultura orientale. I primi anni della sua carriera, in particolare i Settanta, sono caratterizzati dall’avanguardismo e da una sperimentazione colta, durante i quali però Battiato non ottiene grandi successi discografici. La svolta in tal senso arriva tra la fine di quel decennio e l’inizio degli Ottanta con album come “L’era del cinghiale bianco” e “Patriots”. Il vero successo commerciale di Battiato arriverà però nel 1981 con il disco “La voce del padrone”, un gioiellino che dentro contiene canzoni come “Bandiera bianca”, “Cuccurucucu'” e “Centro di gravità permanente” che ancora oggi fanno cantare e ballare il pubblico di ogni età. Fu il primo long playing a superare il traguardo del milione di copie vendute in Italia, oltre che quello della consacrazione per l’artista siciliano.
Appartengono sempre a quei mitici anni Ottanta altri suo grandi successi come “Voglio vederti danzare”, dall’album “L’arca di Noe'” del 1982, in cui un testo esoterico ed esotico si accompagna a un ritmo elettronico che sfocia nel finale in un valzer viennese. E ancora “La stagione dell’amore” dell’anno successivo, dall’album “Orizzonti perduti”, in cui il Maestro fa un uso massiccio dell’elettronica e dei computer. Tra i suoi brani più celebri come non citare una ballata leggera e di qualità come “E ti vengo a cercare” del 1988, in cui si fondono due linee: una mistica e più spirituale e una più terrena e materiale. Arrivando agli anni Novanta, e quindi alla produzione più recente, non possiamo non considerare altri due capolavori, per quanto diversissimi tra di loro. La dura invettiva “Povera Patria” del 1991, brano quanto mai attuale e contemporaneo a quasi 30 anni di distanza. E infine “La Cura”, successo del 1996 scritto con il filosofo Manlio Sgalambro, da molti critici considerato il testo d’amore più bello di tutta la canzone italiana.