Un film che consente di aprire una parentesi sulla terapia di coppia in seguito al tradimento
Per analizzare il tema del tradimento all’interno della coppia coniugale, il film di Sergio Castellitto (2015) appare come un vero e proprio manuale. Sin dalle prime scene si punta l’accento sulla disgregazione di un matrimonio da analizzare, e forse da recuperare, nel corso di una sanguinosa battaglia. “Nessuno si salva da solo” è il racconto del sentimento amoroso, visto come forza capace di spezzare i vincoli delle barriere sociali. I due protagonisti provengono da ambienti differenti. Delia, (Jasmine Trinca) è una biologa della middle class, molto molto ansiosa, mentre Gaetano (Riccardo Scamarcio) è uno sceneggiatore di programmi televisivi, un provinciale di Ostia, bonario e semplice. Lui dinamico e dotato di una certa verve umoristica, lei assillata dalla sue nevrosi: è proprio questo incontro di caratteri, visioni del mondo e ambienti diversi, a fare del film un ritratto intimo e personale. Gaetano e Delia sono una coppia separatasi anche a causa di un tradimento, che si incontra al ristorante per decidere come suddividere le vacanze con i figli. La visione del film ci porta a immergerci a capofitto dentro il dolore vivo del disfacimento di una storia d’amore, una storia di vita, frutto di due vite che intrecciandosi, si narrano da sole, e che arrivano allo scontro quando inizia la crisi coniugale.
Dal film ben arriva l’accelerazione improvvisa di certi scontri, una sequela di frasi fatte, insulti coloriti, discussioni, buche di percorso in cui si cade quasi tutti, e quasi tutti allo stesso modo. La coppia di protagonisti è tutto il film, satura la storia, ci sono solo loro, tutti gli altri sono sullo sfondo. Una storia di due “imbecilli depressi”, come si definiscono loro stessi così si definiscono, dove la loro imbecillità e soprattutto la depressione è figlia e segno dei tempi, che instillano sfiducia e dispensano umiliazioni difficili da reggere. Nessuno dei due ha il beneficio di scene in cui sviluppare una propria personalità senza che questa non sia funzionale all’armonia o al contrasto con l’altra. I protagonisti non esistono se non in funzione l’uno dell’altra. Il film comincia quasi dalla fine, con il presente che scivola continuamente nel passato in modo naturale, fluido. Come per i pensieri e per la vita stessa, non esiste un ordine cronologico, non ci sono spiegazioni razionali. C’è l’emozione – filmata da una macchina da presa danzante – la rabbia e l’insofferenza; c’è la poesia contemplativa di un matrimonio sulla spiaggia e c’è quel piccolo appartamento disordinato in cui si sommano l’irrequietezza di una donna borghese che ha risposto all’eccentricità familiare con l’anoressia e la semplicità sana ma inconcludente di un uomo che un po’ si vergogna di due genitori che cantano a squarciagola “1950” di Amedeo Minghi. Sergio Castellitto propone una pellicola che narra un amore ai tempi della crisi, la rabbia che nasce dalla creatività frustrata di Gaetano, oramai asservitosi alle logiche della fiction di bassa qualità per rispondere alle difficoltà di mandare avanti una famiglia. In questo film, dotato di un tempismo sorprendente rispetto alla realtà di una generazione che nasce e cresce fra il crollo del Muro di Berlino e l’11 settembre, il regista stringe sin dalle prime scene sulla disgregazione di un matrimonio da analizzare e forse da recuperare nel corso di una battaglia combattuta davanti a una tavola apparecchiata in un ristorante e la volontà di scavare nella rabbia e nella frustrazione contemporanee senza indietreggiare.
La vita di coppia può essere sconvolta dal tradimento e quando lo si scopre spesso si mettono in atto delle modalità relazionali che minano la stabilità di ogni membro, si crea una frattura, la comunicazione diventa problematica e incomprensibile, la stabilità, la fiducia, le certezze, la lealtà vacillano. Tra le possibili cause di un tradimento verosimilmente possiamo annoverare la presenza di modalità relazionali che, nel corso del tempo, possono aver gravato sul rapporto, basate sostanzialmente sull’assenza, sul sacrificio, sull’evitamento: assenza di intimità nella vita di coppia; assenza di solidi confini che preservino la coppia da ingerenze esterne, come anche assenza di specifici spazi e tempi che appartengano alla sola coppia; il sacrificare le proprie esigenze personali allo scopo di dare vita ad un’unione ideale; la tendenza ad evitare i conflitti lasciandoli aperti ed irrisolti. In uno studio statunitense si è cercato di verificare i fattori individuali e di relazione che accompagnano l’infedeltà. Sono state esaminate le qualità di individui e coppie che si differenziano tra loro per la presenza (n = 19) e l’assenza (n = 115) di infedeltà, reclutate da uno studio clinico randomizzato di terapia coniugale. I risultati hanno indicato che le coppie infedeli hanno mostrato maggiore instabilità coniugale, disonestà, discussioni sulla fiducia, narcisismo e tempo trascorso separatamente. Il genere è emerso come un moderatore significativo di diversi effetti: gli uomini infedeli mostravano un maggiore uso di sostanze, erano più anziani e più sessualmente insoddisfatti (David et al., 2005). Spesso ad una infedeltà seguono dinamiche deleterie; in uno studio condotto da Charny e Parnass è stato chiesto a due gruppi di terapeuti di descrivere uno specifico rapporto di coppia nel quale fosse stato vissuto un tradimento, un rapporto extraconiugale. Di 62 casi, 21 di questi (pari al 34%) si sono conclusi con il divorzio, secondo il giudizio dei terapeuti, a causa dell’infedeltà. In 27 casi, pari al 43,5%, i matrimoni sono stati preservati, ma in un’atmosfera disforica o negativa. In 4 casi, pari al 6%, i matrimoni proseguivano, ma venivano definiti con accezione negativa o di scarsa qualità oppure il futuro del matrimonio veniva messo ancora in dubbio. Solo in 9 casi, pari al 14,5%, i matrimoni sono rimasti intatti e caratterizzati da miglioramento e crescita.