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“Paura ai Grandi Magazzini”, il nuovo romanzo di Giuseppe Esposito

Pubblicato da La stamperia di Valentino nella collana Giallo Valentino il nuovo noir di Giuseppe Esposito.

Paura ai Grandi Magazzini Paura ai Grandi Magazzini, il nuovo noir di Giuseppe Esposito

L’ ingegner Giuseppe Esposito stupisce, ancora una volta, con un ottimo noir ambientato, dopo le numerose incursioni nel salernitano, nella Napoli dei primi anni del Novecento.

350 pagine che scorrono gradevoli, sulle quali si muove con grazia il commissario Ruffo, un figlio del popolo, che -per il suo modus operandi e per le sue caratteristiche precipue- trova il suo contraltare nel piemontese Durini, capo gabinetto: sabaudo per cultura e modi, l’autore sembra voler rappresentare, attraverso questo personaggio, l’atteggiamento dei Savoia nei confronti dei territori del Meridione d’Italia. Tenuti in considerazione solo per la loro bellezza, ridotti ad un casino di caccia, un luogo dove trascorrere le vacanze senza farsi carico delle condizioni precarie in cui quelle popolazioni versano, i Savoia non seppero o non vollero intervenire seriamente se non per interventi di tipo estetico (la Galleria Umberto I) in quella che fu la capitale del regno borbonico

Accanto a Ruffo, l’ispettore Lezzi e tutta la varia umanità che si dipana  all’interno del commissariato,  questore compreso (il Dottor Spirito) con la sua esigenza di far carriera sulle spalle dei sottoposti, a cui spettano tutte le responsabilità senza poter godere altro che delle briciole dei meriti.

Sullo sfondo, una Napoli ad un passo dal baratro della Prima Guerra Mondiale, in cui convivono in maniera inspiegabile la Belle Époque e la Partenope dei Lazzari, il commissario Ruffo si troverà di fronte al peggior incubo della sua carriera di poliziotto: l’ombra di un serial killer che si accanisce sulle commesse dei Grandi Magazzini Mele, una delle realtà imprenditoriali più significative dell’ Italia anteguerra, cui sono stati dedicati molti studi: questa famiglia di commercianti campani sbarcarono a Napoli dopo aver studiato i modelli del mercato parigino e quello dei  Bocconi a Milano (ai quali D’Annunzio darà il nome di Rinascente) per dar vita ad uno dei primi esempi di centro della grande distribuzione.  Un’azienda che punta sulla pubblicità affidandosi  ai grandi illustratori dell’epoca, un’azienda in cui si prevedeva la possibilità per i dipendenti di usufruire delle cure mediche a carico dell’azienda e non del lavoratore.

Se “Paura ai Grandi Magazzini” fosse un film, allora ci sarebbe da ringraziare  Esposito per averci regalato uno splendido cameo di Matilde Serao, ‘ A Signora, che arrivava in redazione traversando a bordo di un calessino Via Toledo e presso la quale il commissario Ruffo trova accoglienza e entrature che gli consentono di risolvere il mistero legato ai Grandi Magazzini Mele; è grazie a lei che nella narrazione fanno capolino personaggi del calibro di  Leonardo Bianchi e Antonio Cardarelli.

La lingua cui fa ricorso Esposito è quella del popolo de “Il paese di cuccagna”, un napoletano parlato con scioltezza, senza forzature, con i suoi intercalari, i proverbi scaturiti da una saggezza antica e le espressioni colorite e talvolta sfacciate. Se avete amato il Commissario Ricciardi, allora saprete apprezzare anche il suo collega Ruffo che lavora sul territorio quando Luigi Alfredo ha ancora le braghe corte (essendo nato il primo giugno del 1900) ma che, pur tormentato da un amore infelice, è totalmente scevro dalla cupezza e dalle inquietudini che condizioneranno tutta la vita dell’uomo dagli occhi verdi. Qui il respiro è leggero, gli anni si contano ancora con il calendario gregoriano e non a partire dal 28 ottobre 1922, e la narrazione scorre veloce, senza fatica, coinvolgendo il lettore in un’indagine dai risvolti insospettabili.


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