Un arco di tempo record e la a novità assoluta è stata quella di utilizzare per un tempo così lungo una metodica di preservazione dell’organo alternativa a quella consueta, “al freddo”, in ipotermia. Subito dopo la morte di una giovane donna piemontese, vittima di un infarto cardiaco improvviso e devastante, con immediato arresto cardiocircolatorio (decesso accertato dopo prolungate manovre di rianimazione sia sul luogo dell’accaduto sia durante il trasporto in ospedale con il posizionamento in pronto soccorso alle Molinette di cannule per cercare di attivare un sistema artificiale di ossigenazione e circolazione sanguigna extracorporea), per garantire l’ossigenazione degli organi addominali, è stata posizionata dalla dottoressa Marinella Zanierato (dell’Anestesia e Rianimazione universitaria, diretta dal professor Luca Brazzi) una circolazione extracorporea (Ecmo) nella configurazione di ‘perfusione regionale normotermica’ dei soli organi addominali del cadavere della giovane donna, mantenendo fegato e reni in vita all’interno del suo corpo deceduto.
Durante 5 ore di questo tipo di perfusione, sia il fegato sia i reni hanno dimostrato di essere funzionalmente attivi ed in pieno recupero rispetto al danno patito a causa del prolungato arresto cardiaco. Dopodichè si è proceduto con il prelievo degli organi addominali della donatrice secondo tecniche tradizionali. Al momento del prelievo di questi organi, le équipes trapianto dell’ospedale Molinette erano già impegnate rispettivamente in due trapianti di fegato ed in due trapianti di rene. Si è reso quindi necessario, dopo la preparazione a banco del fegato e dei reni della donatrice, il posizionamento di questi organi all’interno di sistemi di preservazione extracorporei. Dopo le iniziali 5 ore all’interno del cadavere, hanno continuato ad essere tenuti in vita anche successivamente all’esterno, grazie a sangue umano. Il fegato è stato trattato e valutato per il suo corretto funzionamento per ben altre 16 ore mediante ìperfusione normotermicà (ovvero a 36.5 gradi, utilizzando sangue umano e sostanze nutritizie) con una apposita macchina in grado di mantenere in vita fuori dal corpo un fegato fino a 24 ore.
Il fegato è stato così tenuto in vita per un tempo record di più di 23 ore prima di essere trapiantato. I reni sono stati invece preservati in ‘perfusione ipotermica ossigenata’, ovvero a 12 gradi con aggiunta di ossigeno, utilizzando un’altra apposita macchina da perfusione per una durata di 10 ore complessive. La novità è stata quella di utilizzare per il fegato per un così lungo tempo una metodica di preservazione alternativa. Con la preservazione statica ipotermica, infatti, l’organo può essere preservato al massimo per 12 ore. Inoltre, anche se il freddo rallenta il metabolismo cellulare permettendo la preservazione dell’organo, questo comunque subisce un danno. Il concetto della preservazione normotermica in macchina è radicalmente diverso. Si tratta di una metodica in cui, grazie all’utilizzo di un dispositivo particolare, si crea artificialmente un ambiente in cui il fegato di fatto ‘vive’ al di fuori di un corpo umano, ricevendo l’ossigeno ed i nutrienti di cui ha bisogno e funzionando in modo analogo a quanto si osserva in vivo. L’utilizzo di questa metodica non solo permette di minimizzare il danno che l’organo subirebbe durante la preservazione, ma anche di ‘rigenerarlo’ grazie alla creazione di condizioni simil-fisiologiche.