“Sembra proprio ci sia l’Iran” dietro agli attacchi con i droni contro i pozzi sauditi. Così il residente Donald Trump solleva lo spettro di una nuova guerra in Medio Oriente, pur assicurando di non volere conflitti con nessuno e di aspettare l’esito di ulteriori verifiche prima del verdetto definitivo. Teheran ha negato di aver ordinato la distruzione del più grande impianto petrolifero di Saudi Aramco, in Arabia Saudita, che ha comportato un taglio del 5% della produzione globale di greggio facendo impennare le quotazioni. Il raid è scattato sabato 14 settembre quando sono stati bombardati i pozzi di Abquaiq e Khurais, costringendo l’Arabia Saudita a dimezzare la produzione, con un taglio pari as 5,7 milioni di barili al giorno.
Anche il segretario di Stato americano Mike Pompeo e il ministro Usa dell’Energia, Rick Perry, hanno puntato il dito contro Teheran mentre il presidente iraniano Hassan Rouhani, durante una conferenza stampa ad Ankara, ha attribuito la responsabilità a “gente yemenita” come ritorsione per la campagna della coalizione a guida saudita contro gli Houthi, la minoranza sciita dello Yemen, sostenuta dall’Iran. “Queste accuse sono da condannare come inaccettabili e completamente prive di fondamento”, è stata la risposta di Teheran alle accuse di Washington, affidata al portavoce del ministero degli Esteri, Abbas Mussavi. I ribelli Houthi hanno rivendicato l’attacco per il quale oltre ai droni sarebbero stati utilizzati anche missili da crociera. “Lo Yemen è oggetto di bombardamenti giornalieri… il popolo yemenita è stato costretto a rispondere, si stanno solo difendendo”, ha osservato Rouhani. Trump, annunciando di aver autorizzato il ricorso alle riserve strategiche Usa di petrolio “se necessario”, ha assicurato che la volata dei prezzi “non è’ un problema”. Il barile Usa, il Wti, ha segnato un rialzo dell’11% alla chiusura del mercato, a 61 dollari. Il Brent ha registrato l’incremento giornaliero più alto di sempre, salendo di 8,80 dollari, pari al 14,6%, per attestarsi a 69,02 dollari nel finale.
“Non voglio fare guerra a nessuno ma siamo preparati piu’ di chiunque altro”, ha ammonito Trump, indicando che non c’è fretta, che “ci sono molte opzioni sul tavolo” e che occorre prima confrontarsi con i sauditi e gli altri alleati. Riad ha fatto sapere che il raid è stato condotto con armi iraniane, minacciando una decisa risposta ed esortando l’Onu ad indagare: “il regno è in grado di difendere la propria terra e la propria gente, rispondendo con forza all’attacco”. Dopo aver incontrato Trump, anche il capo del Pentagono Mark Esper ha stigmatizzato Teheran, avvertendo che gli Usa stanno discutendo con gli alleati come rispondere “a questo attacco senza precedenti per difendere l’ordine internazionale fondato sulla legge e minato dall’Iran”. Russia e Cina hanno chiesto moderazione mentre il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, parlando da Baghdad, si è dichiarato “estremamente preoccupato per il rischio di una escalation”, esortando tutte le parti a “prevenire ulteriori simili attacchi”. Ha comunque accusato l’Iran di sostenere organizzazioni terroristiche e di voler destabilizzare la regione. il Congresso americano è intanto apparso restio ad aprire un nuovo fronte di guerra per rispondere all’attacco contro i sauditi, mentre le truppe Usa sono ancora impegnate in Siria, Iraq e Afghanistan. “Un impegno diretto miliare Usa per rispondere all’attacco dell’Iran sarebbe un grave errore”, ha dichiarato il senatore repubblicano ex candidato alla presidenza Mitt Romney. “Gli Usa non devono lanciare un’offensiva contro l’Iran senza il via libera del Congresso. Gli Houthi non sono l’Iran”, gli ha fatto eco ildeputato democratico, Ro Khanna.