Un Napoli a due facce espugna Benevento, il derby è suo.

Gli azzurri giocano due partite in una, decisive la magia di capitan Insigne ed il piattone destro di Petagna che risponono al vantaggio sannita firmato dall’altro Insigne (Roberto).

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Solo pochi coraggiosi, covid o non covid, avrebbero voluto trovarsi negli spogliatoi del Ciro Vigorito durante l’intervallo del derby che il Napoli ha portato a casa in rimonta; voci di un Gattuso furibondo, ed il mister azzurro è uno che già quando è calmo può incutere timore.

Tantissimi, non per paura, sarebbero stati d’accordo con lui dopo il pessimo e sterile primo tempo disputato dagli azzurri, andati al riposo sotto 1-0 per un’amnesia di Manolas sfruttata da quel Roberto Insigne che in tanti avevano visto come potenzialmente più forte di suo fratello maggiore, vedremo in futuro se si sono sbagliati.

Benevento, dunque, una squadra davvero tosta, diametralmente opposta al materasso giallorosso visto nella precedente apparizione in massima serie e guidata da un Pippo Inzaghi molto più maturo di quello visto a Bologna qualche stagione fa.

Di contro, il Napoli sembra rimasto alla partita con l’AZ Alkmaar: tiene palla in modo sterile, contro una squadra ben arroccata dietro la linea della palla e che non concede la profondità di cui Osimhen avrebbe disperato bisogno, s’infrange ripetutamente contro la retroguardia giallorossa non riuscendo mai a creare la superiorità numerica, complice anche un Lozano poco vivace, che però ha ragione di recriminare quando, al 21’ di gioco, Foulon lo spinge in area senza possibilità di disputargli la palla: Doveri soprassiede, VAR stranamente non pervenuto. I sanniti, invece, alla prima vera occasione passano: Manolas si addormenta inopinatamente, Lapadula riesce a mettere per la seconda volta il cross basso su cui si avventa Roberto Insigne, destro che fulmina Meret e Benevento in vantaggio alla mezz’ora di gioco con il primo storico centro in serie A per il fratellino di Lorenzo; un film già visto, il Napoli che battezza in serie A i suoi ex con il loro primo centro nel campionato o in carriera. Gli azzurri provano a reagire, ma solo per inerzia. Fraseggio lento, con Fabián nettamente sottotono e grigio rispetto alla prestazione “in 4K” offerta contro l’Atalanta, ma che comunque produce un paio di situazioni pericolose, su tutte quella di Manolas che, al 44’, svetta di testa e coglie la traversa interna, Schiattarella trova l’unico modo possibile per non deviare la sfera nella propria porta. All’intervallo è 1-0, Gattuso furioso e pronostico sovvertito.

Ma la sfuriata del mister ha l’effetto di scuotere i suoi, in 10 minuti gli azzurri si affacciano per ben cinque volte dalle parti di Montipó e solo il VAR, per fuorigioco, impedisce ad Insigne (Lorenzo) di trovare il pari annullandogli il gol. È solo questione di minuti, Gattuso lancia l’artiglieria pesante inserendo Petagna e Politano per Lozano, apparso in debito d’ossigeno, e Mertens; al quarto d’ora arriva il pareggio: Insigne senior riceve nei pressi del vertice destro dell’area, salta un uomo portandosi la palla sul sinistro e convergendo verso il centro fa partire un bolide che scavalca Montipò, scheggia la traversa e rimbalza nettamente dentro la porta, un gol da fuoriclasse per un evento storico: dal 1949 non accadeva che due fratelli segnassero nella stessa partita, 71 anni fa toccò ai fratelli Nyers. Il Napoli è scatenato, l’ingresso di Politano e Petagna mette in netta difficoltà il Benevento che, dopo aver rischiato di subire la doppietta del capitano azzurro che spreca in tuffo su cross di Bakayoko, capitola al 22’: Politano s’incunea in area e serve un assist rasoterra al bacio che Petagna impatta col piattone di prima intenzione piegando le mani dell’incolpevole Montipò, Napoli in vantaggio e dimostrazione di una rosa molto più completa che in anni passati.

Ribaltato il match, gli azzurri provano a chiudere più volte la contesa approfittando dell’inevitabile apertura delle maglie dei padroni di casa, costretti a recuperare lo svantaggio: Politano sfiora il tris con un sinistro deviato in angolo. Tuttavia i giallorossi reagiscono e solo Mario Rui sulla linea evita il secondo gol dell’ex della giornata, questa volta di Maggio.

Nel recupero altre emozioni: ancora Politano pericolosissimo, il suo destro coglie ancora una volta il legno, infine è Meret a spegnere le speranze dei combattivi sanniti volando a sventare una punizione di Sau diretta all’incrocio dei pali. Finisce 1-1.

COMMENTO

Citeremo Two Face, perché Dr Jekyll e Mr Hyde sono un po’ troppo abusati; il Napoli ha due facce, una legata all’infruttuoso predominio visto nel primo tempo, l’altra da squadra che ha un’identità precisa, che applica i movimenti senza palla, che recupera la feroce armonia che aveva steso l’Atalanta e porta a casa 3 punti che non bisognava dare certo per scontati. Ci sono nei, in forma di piccole amnesie difensive che ancora vanno limate e, in partite “sporche” come questa, possono costare carissime. E poi c’è Fabián, celestiale contro l’Atalanta, totalmente anonimo ieri, controfigura del sublime dipinto di calcio che aveva annichilito gli uomini di Gasperini, pressato e senza idee, passaggio a vuoto che può non preoccupare solo perché le alternative abbondano, perché la squadra può fare alla perfezione due schemi, anche a partita in corso (a proposito, grazie Bakayoko e riprenditi presto).
Capitolo attaccanti: prima partita non proprio eccezionale di Osimhen in campionato, giusto dirlo, ma dimenticare che si tratti di un calciatore che, nonostante sia costato 80 milioni, sta ancora sgrezzandosi sarebbe follia. Non era la partita più adatta al nigeriano, eppure con un movimento libera quella voragine in area del Benevento dove Petagna (acquisto sottovalutato) può cannoneggiare Montipò senza farsi troppi problemi, quasi come se prendesse il caffè: nel basket si parla spesso di intangibles, statistiche non evidenziate da crudi e freddi numeri, ecco, quel movimento è precisamente un esempio di questa “intangibilità”.
Sugli esterni la lotta per il posto si accende, con Lozano e Politano protagonisti: prova sottotono del messicano, ingresso dell’ex Inter che spacca la partita, strappi sul tappeto verde del Vigorito, lí sulla destra dell’attacco azzurro, lí dove Matteo sposta gli equilibri, come avrebbe detto un certo centrale “biancorossonero”, solo che lui non ci riuscì.

La palla passa a Gattuso, uno che da giocatore la sradicava spesso dai piedi avversari. Fa benissimo il tecnico a smontare i facili entusiasmi, la squadra deve trovare continuità di prestazioni per poter ambire a qualcosa di più di una qualificazione in Champions. Sentito mister Rino, l’idea è che questo concetto gli sia sufficientemente chiaro, e questa, conoscendo il soggetto, è una garanzia di un lavoro continuo e maniacale.

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